Regge in sede di giudizio d’appello l’accusa di associazione a delinquere mossa nell’ambito dell’inchiesta “Why not”, su presunti gravi illeciti che sarebbero stati commessi nella gestione dei fondi pubblici destinati alla Calabria. La Corte (presidente Francesca Marrazzo, consiglieri Gianfranco Grillane e Vincenzo Galati), oggi, ha infatti riconosciuto colpevoli della piu’ grave contestazione – che in primo grado era venuta completamente meno – i due imputati Antonio Saladino, l’imprenditore ex leader della Compagnia delle opere in Calabria e principale accusato di Why not, e Giuseppe Antonio Maria Lillo, che in primo grado erano stati condannati, ma per altri capi d’accusa e non per l’associazione a delinquere. Al termine dei giudizi abbreviati a loro carico, il 2 marzo 2010, il giudice dell’udienza preliminare Abigail Mellace condannò Saladino a 2 anni di reclusione, e Lillo ad un anno e 10 mesi, con una decisione che la Procura generale di Catanzaro annuncio’ subito di voler impugnare, anche e soprattutto in merito all’accusa di associazione a delinquere che, secondo i sostituti pg Massimo Lia ed Eugenio Facciolla, avrebbe dovuto restare in piedi. I due sostituti pg, al termine della requisitoria in sede di appello, hanno chiesto per Saladino una condanna a 4 anni e 2 mesi di reclusione, e per Lillo una condanna a 2 anni, 1 mese e 10 giorni.
La Corte, oggi, ha inflitto a Saladino – per il quale sono state escluse le attenuanti generiche – una condanna a 3 anni e 10 mesi di reclusione, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena, revocandogli inoltre il beneficio della sospensione condizionale, ed a Lillo una condanna a 2 anni. La Procura generale ha cosi’ ottenuto nuovamente ragione a proposito dell’ipotizzata associazione a delinquere – che non resse al giudizio di primo grado -, dopo aver sostenuto con determinazione la fondatezza dell’accusa che descrive un presunto accordo criminale tra soggetti privati i quali si sarebbero avvalsi di volta in volta di appoggi all’interno della Regione Calabria. Una tesi accusatoria confortata anche dalla pronuncia con cui la Corte di cassazione, lo scorso 20 luglio, come richiesto dalla Procura ha annullato sei proscioglimenti di altrettanti indagati scagionati dal giudice Abigail Mellace al termine dell’udienza preliminare. Secondo il Giudice supremo, infatti: “La ritenuta mancanza di ogni accordo o vincolo tra gli imputati ‘soggetti pubblici’ non puo’ portare allanegazione dell’esistenza dell’associazione”, poiche’ il legame associativo puo’ ricercarsi anche tra singoli soggetti pubblici ed i rappresentanti delle societa’ incriminate.