Torna la grande prosa al Politeama con la doppia rappresentazione (venerdì 18 e sabato 19 dicembre) de “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, nella regia di Mauro Bolognini e con il carismatico Sebastiano Lo Monaco nel ruolo del protagonista.
«Il personaggio di Ciampa, apparentemente grottesco è in realtà straziante, ma sopratutto è il più moderno degli eroi pirandelliani. Il berretto a sonagli è la storia di un uomo giovane, poco più di quarant’anni (…) per tradizione questo personaggio è stato affrontato da attori alla fine della propria carriera, ad ogni modo avanti con gli anni. Questo travisava la forza drammatica di Ciampa, così eroico e pieno di umanità. Una umanità silenziosa e astuta che gli dà la forza di difendere la sua infelicità coniugale, contro la società ridicola di quel tempo. Un personaggio insomma apparentemente piccolo ma infinitamente grande».
Mauro Bolognini spiegava attraverso queste riflessioni, il suo interesse per la commedia pirandelliana che nel 1993 portò in scena, seguendo l’intuizione di allontanarsi dalla tradizione e affidare il ruolo del protagonista a un giovane Sebastiano Lo Monaco. Una scelta premiata dalla risposta della critica e delle platee, e soprattutto dalla prova d’attore di Lo Monaco, che colse coraggiosamente la sfida e diede vita con appassionato impegno a un ruolo che era stato cavallo di battaglia di maestri della statura di Eduardo De Filippo, Turi Ferro, Paolo Stoppa, Salvo Randone. D’altra parte il pubblico conosce bene il temperamento e il carisma di Sebastiano Lo Monaco, interprete generoso e di personalissima forza espressiva, applaudito nei teatri italiani in Cirano di Bergerac (2000), nel pirandelliano Enrico IV (2002), quale Eddie Carbone in Uno sguardo dal ponte (2003).
Sono trascorsi quindici anni dal suo debutto nel personaggio di Ciampa e ora – riprendendo con fedeltà e rigore la regia di Bolognini, scomparso nel 2001 – Lo Monaco ripropone lo spettacolo. Un capolavoro in cui si manifestano appieno il genio della scrittura pirandelliana, e i capisaldi della sua poetica, sempre prodiga di induzioni sul sottile dialogo fra verità e menzogna, volto e maschera, sincerità privata e convenzioni sociali.
Una dialettica fra opposti, che Bolognini lascia simbolicamente riecheggiare anche nella scenografia, tutta giocata sulla sospensione fra aperto e chiuso, interno ed esterno, privato e pubblico, e che ambienta la piéce invece che nel consueto “salotto borghese”, in una sorta di giardino d’aranci, davanti alla solida facciata di una dimora.
Tratta dal racconto La verità del 1912, la commedia ebbe una prima edizione in dialetto siciliano (A birritta cu’ i ciancianeddi) portata in scena nel 1917 da Angelo Musco; nell’anno successivo fu pubblicata nell’edizione in lingua italiana che tuttora viene recitata. In tale edizione fu subito molto apprezzata all’estero, mentre in Italia si rivelò veramente solo nel 1936 nella già citata messinscena della Compagnia De Filippo, con Eduardo nel ruolo di Ciampa e Titina in quello di Beatrice.
Ciampa è uno scrivano, presentato fin da subito in una posizione di deferente sudditanza rispetto al cavalier Fiorìca, per cui lavora: questo atteggiamento assieme alla dedizione per la moglie Nina, lo spingono a sopportare il tradimento di quest’ultima e a dividere il suo amore con il Fiorìca, a cui la donna è segretamente legata. La vicenda vuole però che anche Beatrice, la giovane moglie del cavaliere, sia venuta a conoscenza della tresca: è furiosa e – a dispetto delle forme borghesi e perbeniste della Sicilia di fine Ottocento – non intende subire in silenzio l’onta del tradimento. Vuol divorziare e per questo è pronta a scatenare lo scandalo e a far cogliere i due amanti in flagrante. A nulla valgono i ragionamenti di Ciampa, che – temendo il disonore e la perdita della moglie – tenta di farla desistere. Peccato che in quel mondo retrogrado e maschilista, a Fiorìca basti davvero poco per convincere tutti dell’inconsistenza delle prove. Ciampa è ora coinvolto: un simile torto andrebbe lavato con il delitto d’onore, ma lo scrivano escogita un “delitto” più sottile, di cui sarà vittima Beatrice. Per ricomporre l’ordine e conservare l’onore, accusa infatti la donna di follia: portare metaforicamente il “berretto a sonagli” del buffone, dell’emarginato è quanto la società riserva a chi ne sfida le convenzioni, a chi ne scuote la facciata mostrando la propria “corda pazza”.
Dolente di una chiara vena autobiografica (Pirandello, proprio allora, decideva dolorosamente di ricoverare la moglie schizofrenica in una casa di cura) Il berretto a sonagli bilancia in modo ammirevole umorismo e dramma, e – nell’allestimento pregevole di Bolognini – dona nuovo respiro alla ricca coralità delle figure talvolta minime, ma sempre acute e significanti, che attorniano i protagonisti.
Lo spettacolo si avvale delle scene di Helena Calvarese, i costumi sono di Giuseppe Avallone e Cristina da Rold, le musiche sono create da Giovanni Zappalorto e le luci sono firmate da Giuseppe Di Stefano.
Oltre al già citato Lo Monaco nel ruolo di Campa, in scena ammireremo Maria Rosaria Carli (Beatrice Fiorica), Clelia Piscitello (La Saracena), Claudio Mazzenga (Fifì La Bella), Franca Maresa (Fana), Viviana Larice (Assunta La Bella), Rosario Petix (Delegato Spanò), Benedetta Borciani (Nina Ciampa). Uno spettacolo assolutamente da non perdere.