Dalla Redazione

Vincere e perdere. Ma con Cozza

Scritto da Redazione
Quasi due anni con il mister di Cariati, tra vittorie storiche e sconfitte brucianti.  Dopo l’addio solo voglia di normalità

«Ciccio, metti le scarpette e scendi in campo, vedrai che vinciamo a mani basse». Quando arrivò a Catanzaro – era l’estate del 2011 – Ciccio Cozza era ancora in perfetta forma e fu accolto come fosse l’ambasciatore del calcio vero. Quel calcio che i tifosi giallorossi avevano visto nel 2004 dopo quattordici lunghi anni, salvo poi perderlo rovinosamente nel 2006. Quel calcio che dopo l’epopea stracciona degli “Spartani” sembrava più lontano che mai. Il nuovo Mister si inseriva peraltro perfettamente nel contesto dominato dall’ “effetto Guardiola”, cioè da quella nuova tendenza diffusasi nel calcio nazionale, a concedere fiducia ad allenatori giovani e inesperti. Ex campioni il più delle volte. E almeno nel più ristretto circolo del calcio calabrese, Cozza un campione lo era stato.

Mentre ancora era un centrocampista di talento in attività, aveva espresso il rimpianto di non aver mai giocato nel Catanzaro, la squadra che aveva portato il grande calcio in Calabria. Inutile dire che questo pensiero, recuperato per l’occasione dagli archivi dei giornali, aveva reso Cozza degno del rispetto dei suoi nuovi tifosi ancor prima che la sua squadra scendesse in campo. Così, durante la calda estate del 2011, nel giorno della presentazione del Mister, una piccola folla di uomini e donne riunita davanti all’ Hotel Guglielmo cominciava a scandire il coro che per i successivi ventuno mesi, come fosse il tendone rosso dei teatri, avrebbe chiuso ogni partita: “Ciccio Cozza uno di noi”. È importante sottolineare la genesi di questo coro perché ci aiuta a comprendere quante cose in poco tempo, e quasi sempre in assoluta buona fede, abbia rappresentato l’ex capitano della Reggina per Catanzaro. 

Ai tifosi presenti, quel bel ragazzo visto fino ad allora solo in televisione, pareva il giusto completamento di Mister Gicos e del suo progetto, la faccia riconoscibile e riconosciuta del calcio praticato ad alti livelli. «In lega Pro o fra i dilettanti io sarò qui. Abbiamo un piano per entrambi i campionati» queste le sue parole. E mentre tutti speravano di giocare in seconda divisione, si faceva strada l’idea che per una volta la parola “progetto”, abusata nel calcio come la parola “riforme” in politica, potesse avere finalmente un senso. La coppia Cosentino-Cozza apparentemente inossidabile fino a poche settimane dal divorzio, si salda alla perfezione non per una questione di affetti o di onore (o almeno “non solo”), ma per una mera coincidenza di interessi.

Cosentino, avvisato per tempo sulle trappole del mondo del calcio, voleva evitare che un furbo Direttore di mestiere speculasse di proposito sui propri investimenti (e speriamo davvero ci sia riuscito). Cozza, puntando tutto sulla propria fame di successo, intendeva avere più potere possibile, senza troppi intermediari a rallentare le operazioni. In una Seconda divisione non proprio ricca di talento ma pur sempre insidiosa, il Catanzaro di Cozza e Cosentino riesce a fare un figurone.

Costruito negli ultimi giorni di mercato direttamente dal mister (trascurabile il ruolo del Ds Sorace in questo senso), e puntellato adeguatamente con Sirignano, Quadri e Giampà, agguanta la seconda posizione utile per la promozione nella vecchia C1. La lotta con Perugia e Vigor Lamezia è avvincente e serrata. La vittoria al Curi in particolare, finalmente dentro uno stadio vero, con un goal di Accursi e un altro di Gigliotti che festeggia con la stessa spontanea confusione di Mammì, sugellano un rapporto quanto mai stretto fra il mister e la sua gente. «Li abbiamo presi a pallonate» dirà negli spogliatoi, quel pomeriggio, il mister. Lo dirà con la stessa sfrontatezza di un calciatore guascone. Ed è forse proprio questo il limite più evidente di Cozza: quel passaggio mai completato dalla figura di calciatore di personalità a quella di allenatore. Con l’esasperato individualismo del leader in campo, chiaramente incompatibile con quello più moderato e rispettoso delle dinamiche di gruppo del leader in panchina. 

Nel calcio comunque contano i successi e il primo anno di Cozza, anche al netto di qualche scelta tattica e tecnica che non sembra azzeccata, è un anno vincente. Il goal di D’Anna nel finale alla Vigor Lamezia, sembra chiudere un campionato e un’epoca insieme. Il mister di Cariati sente l’apporto del suo pubblico ed è così convinto del proprio ascendente, da invitare il Presidente Scopelliti al “Ceravolo” (a urne aperte) per la passerella di Catanzaro-Giulianova. Il Presidente, presentato come il “primo tifoso delle aquile” ma riconosciuto sfegatato fan reggino, viene sonoramente fischiato da buona parte dello stadio.  Al termine della partita e ad obiettivo raggiunto, Cozza si esibirà nella conferenza stampa più agghiacciante, per tono e contenuti, dei suoi giorni a Catanzaro (vedi qui). Festa rovinata, almeno parzialmente, ma il presidente Cosentino -che perdona e spesso condivide gli sfoghi del mister- è sempre più convinto di aver puntato sul cavallo vincente. 

Ciccio ha le physique du rôle, fa bella figura negli studi delle Tv nazionali, stringe la mano a Capello e Conte come si farebbe con dei vecchi amici e in fondo questo a Catanzaro piace. In Cozza il catanzarese medio si ritrova, quasi gli assomiglia o vorrebbe assomigliargli. E allora si riparte con una stagione che nasce sotto la cattiva stella dell’addio a Giampà. La bandiera tornata in città per chiudere la carriera, va via sentendosi dare del mercenario con un accordo già in tasca con la Ternana (finirà a Como). Senza il paravento di Sorace e l’anima del giallorosso di Girifalco in campo e negli spogliatoi, è Ciccio Cozza a pensare a tutto. A lui tutta la responsabilità. Un peso enorme che mai nessuno nel calcio italiano ha accettato di sostenere ma che il mister sceglie consapevolmente e anzi desidera.

La cronaca della stagione 2012-2013 è quella di un autentico disastro. Dal giorno di Catanzaro-Giulianova Cozza sembra smettere di trovare nemici all’esterno dell’ambiente catanzarese (avendo così l’effetto di compattarlo) e cominciare a cercarli all’interno. Ingaggia per esempio battaglie senza senso contro i tifosi paganti infastiditi dalla piega che prende il campionato: «Se devono venire per fischiare, vadano al cinema o in pizzeria» o contro chi commenta pesantemente in Rete le sue scelte sbagliate «Ignoranti che non hanno niente da fare». Polemiche, risposte sgarbate, inviti inconcepibili e un’autentica confusione e sovrapposizione di ruoli (in certi casi Cozza parla da Amministratore delegato) che settimana dopo settimana hanno l’effetto di smorzare l’entusiasmo di una piazza che vorrebbe solo sentirsi “normale”. 

Ma è sul piano tecnico che il mister trova le difficoltà più clamorose. Ed è un peccato, perché in Lega Pro non si esibiscono certo assi irraggiungibili della panchina. Il mister ha anche la fortuna di ricostruire la squadra da capo, a Gennaio, aiutato dal nuovo Ds Armando Ortoli. Una fortuna che, c’è da scommetterci, non gli capiterà mai più in carriera. Qualche lampo di luce c’è pure, tanto che con un ottimismo drogato dalla fede dei tifosi si torna a parlare di play off, poi ancora il buio, fino alla sconfitta interna di Perugia. Lì, un’altra conferenza stampa da manuale per giovani kamikaze. In un colpo solo Cozza destabilizza squadra, ambiente e dirigenza assicurando di voler andar via (ma al 99%) per l’assenza di strutture d’allenamento e docce calde.

Le ammissioni di colpa del mister sono sporadiche e confuse, i rimedi agli errori pressoché inesistenti. Le scuse di Pasqua (probabilmente caldeggiate dalla dirigenza) seppure apprezzabili umanamente, si rivelano inutili perché non hanno l’effetto sperato sulla squadra. Il Catanzaro inevitabilmente scompare, fino a tradirlo, ieri, con una prestazione indecorosa, degna delle pagine più nere della nostra storia recente. Ciccio Cozza ha finito la sua avventura al Catanzaro schierando Masini e Fioretti in coppia, ancora una volta. È diventato un ex giallorosso con Cosentino in Cina (ed era forse questa la via d’uscita più semplice, considerando il legame affettivo tra i due), perseverando negli errori, continuando a sprecare tutti i cambi nel primo tempo, sbagliando modulo e uomini per l’ennesima volta e al modo di sempre. Se n’è andato insomma, alla sua maniera. 

Cosa resterà di Cozza ai tifosi giallorossi? Una promozione in Prima divisione innanzitutto. Poi un anno da buttare, che si spera non abbia altre e più negative conseguenze sulle sorti della società e sull’estate dei tifosi. Abbiamo vinto e perso, ma con Cozza. In un modo indefinibilmente diverso rispetto a quello degli altri. Poi c’è un’altra cosa che ci lascia il mister di Cariati, un insegnamento quasi certamente inconsapevole: Catanzaro non è e non sarà (ancora a lungo, almeno) la città degli esperimenti riusciti.

A Catanzaro non siamo in grado di inventare nulla che abbia consueguenze positive su noi stessi o sul resto del mondo. Lo abbiamo visto in tempi bui, dopo la società delle tre “P”, con il Comune azionista di maggioranza di una squadra di calcio attraverso Tribuna Gianna. Lo ha confermato un tizio con la foto di Coccolino sul profilo Facebook che interloquiva con qualsiasi tifoso scrivesse sulla sua bacheca e prenotava camere d’albergo puntualmente non occupate. Lo hanno reso chiaro un Direttore generale in pectore che “parlava con Londra” ma era squalificato dalla Lega (e a cui erano interdetti perfino gli spogliatoi) e, per ultimo, un allenatore manager sul modello inglese (ma al quadrato, forse addirittura al cubo).

Catanzaro non avrà mai successo se non attraverso la meticolosa  riproposizione di modelli tradizionali e ben collaudati. La differenza la faranno la passione, l’unità d’intenti, la fortuna e la competenza. Per cui, quando qualcosa si discosterà dalla normalità, anche un’inezia, sarà il caso di cominciare a tremare. E magari parlarne. 

In bocca al lupo mister Cozza. Che questa avventura possa servire a noi e a Lei. Ora addio.

Fabrizio Scarfone

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