“I lavoratori Phonomedia sono rimasti soli, completamente. E in mezzo a una strada, letteralmente. Li si voleva prendere per fame, negandogli o ritardando il pagamento degli stipendi. Ora li si vorrebbe prendere per stanchezza. Un classico delle antiche resistenze della proprietà, dai primi del ‘900 in poi, nei confronti dei lavoratori, che altro potere non hanno se non la fatica della lotta. E la lotta, fisicamente stanca. E consuma, anche psicologicamente, quando devi fare i conti, specialmente le madri e i padri, con i bisogni fondamentali delle famiglie. Per intenderci, il pane quotidiano, il vestiario di prima necessità, la pizza al sabato per i figli. Tutte cose semplici e normali per ogni famiglia. Che, invece, per circa duemila persone sono diventati ostacoli insormontabili. Sono tutti uomini e donne della nostra terra già duramente colpita dall’insipienza delle classi dirigenti e dalla cronica arretratezza della nostra economia. La maggior parte di essi è di Catanzaro. La Città, che già soffre di questa grave problematica e sulla quale insiste anche la questione Villa Betania, non può consentirsi di perdere un solo posto di lavoro. Dico, neppure uno. L’Amministrazione comunale, opportunamente stimolata al suo interno da posizioni coraggiose, ha compiuto gesti importanti e significativi. Tuttavia, essi rischiano di apparire inutili se non sarà rafforzata l’iniziativa dell’Ente a favore di una positiva e rapida conclusione della drammatica vicenda. Che è sempre stata questione politica e mai vertenza sindacale. E, pertanto, solo sul terreno politico che potrà sciogliersi quell’intrico che lega clientelismo, brutta politica, cattiva economia. Dove, e Phonomedia insegna, l’uso strumentale e, forse, distorto delle risorse pubbliche, causa danni enormi per le persone, la società e l’intera economia calabrese.
Quei passaggi incomprensibili dell’intera contraddittoria vasta problematica e le più diverse negative responsabilità saranno chiariti presto. Almeno lo spero. Oggi però dobbiamo batterci per il lavoro e la difesa di questo pur debole presidio occupazionale. L’unica via rimasta è quella di un tavolo unitario, dove, alla chiarezza sulla proprietà o sulla provvisoria gestione della crisi, si aggiunga l’impegno delle varie istituzioni, Governo e Regione in primis, per l’elaborazione di un piano, interamente finanziato. Piano che riconverta le singole competenze e diversamente collochi quella parte di lavoratori che potrebbe non trovare posto in una azienda risanata”
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