Ricapitoliamo: Il Catanzaro vince a Valdisangro la prima partita in trasferta e Bueno segna ancora, gli Uccì rivogliono il ventinove e l’Effeccì rivuole la sala stampa.
Estevez non viene e Longo s’arrabbia e intanto arriva al Ceravolo la Vibonese di Zampollini. Altri tempi, era il ‘95, primo anno dell’era Soluri. Squadra per metà Real e per metà Milazzo, la zona pura sbarca al baraccone. Il profeta siciliano presenta uno sfavillante quattrotretre che lo porterà dopo cinque giornate ad assumersi le sue (poche) responsabilità di fronte ai Distinti, col classico gesto dell’avambraccio fermo, la mano a paletta e il polso ruotato più volte: “tranquilli, mi’nda vaju”.
Una novità, e grossa, la dobbiamo registrare. C’è un dirigente che agisce senza fare troppe parole. Almeno così parrebbe.
Il meraviglioso popolo giallorosso, da sempre affetto da vavismo (malattia incurabile ma non mortale che non esonera dagli obblighi di leva), sembrava aver contagiato irrimediabilmente tutti i dirigenti che s’avvicinavano alla squadra dei tre colli negli ultimi anni. E invece ecco qui ‘sto Longo, figura mitologica di direttore un po’ Sportivo e un po’ Generale a seconda delle esigenze e anche un po’ azionista (che a Catanzaro fa tanto chic), che rompe col passato. Grande carisma e quel distacco di chi non vuole rapporti alla “Carminè” o alla “Totarè”. Il piglio di chi riesce a domare addirittura quel satanasso di Totò Coppola detto l’Ingegnere, che al cospetto del Direttore sembra l’assistente giovane dell’inarrivabile Barone titolare di cattedra. Il Coppolino amoroso lo segue con ammirazione e la giusta deferenza, fonte calcistica a cui abbeverarsi all’infinito, speranzoso in un futuro di domande fatte non più da Ciampa in camicia ma dalla D’amico in minigonna. Ancora un po’ di pazienza, ‘Ngegnè, pensiamo prima alla Vibonese…
Giannantonio Cuomo