ll ruolo fondamentale della proteina HMGA1 nella fisiopatologia dell’azione insulinica e’ al centro di uno studio, apparso il 7 febbraio scorso su ”Scientific Reports”, importante testata scientifica consorella della prestigiosa rivista Nature. Il lavoro, pubblicato da un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze della Salute, dell’Universita’ Magna Graecia di Catanzaro, e’ stato realizzato grazie ad un’importante collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. G.
Manfioletti dell’Universita’ di Trieste. Il gruppo di ricerca catanzarese, coordinato da Antonio Brunetti, della Cattedra di Endocrinologia dell’Ateneo calabrese, ha raggiunto questo importante risultato grazie all’impegno dei ricercatori Eusebio Chiefari, Maria Teresa Nevolo, Biagio Arcidiacono, Aurora Nocera, Stefania Iiritano, Katiuscia Possidente, Valeria Ventura e di Daniela Foti, della Cattedra di Patologia Clinica dello stesso Ateneo.
Non e’ la prima volta che il gruppo di ricerca del Prof.
Brunetti e’ al centro di uno studio scientifico che mira a trovare una relazione tra HMGA1 (una piccola proteina che risiede nel nucleo della cellula) e la resistenza insulinica che caratterizza alcune delle piu’ importanti patologie del nostro tempo, come il diabete, l’obesita’ e persino alcuni tipi di tumori. In precedenza, lo stesso gruppo di ricerca ha dimostrato che HMGA1, legandosi al gene che codifica per il recettore dell’insulina, INSR, agisce su di esso come un vero e proprio interruttore molecolare in grado di ”accendere” il gene, attivando la produzione di INSR, la molecola che si affaccia all’esterno della cellula, ”cattura” l’insulina, traduce il suo messaggio e lo trasmette all’interno della cellula.
”La recente scoperta pubblicata su Scientific Reports – ha dichiarato Brunetti – rappresenta un progresso nella comprensione dei meccanismi molecolari che assicurano il corretto funzionamento dell’insulina, l’ormone che regola i livelli di zucchero nel sangue, svolgendo una funzione fondamentale per il consumo di questo ‘carburante’ da parte delle cellule, garantendo il mantenimento di una normale glicemia. Tale scoperta – ha aggiunto – ha implicazioni cliniche e apre interessanti prospettive per nuove strategie terapeutiche nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, obesita’ e sindrome metabolica, nei quali l’azione ipoglicemizzante dell’insulina e’ notoriamente ridotta”.