In questi giorni è impossibile che il vero tifoso giallorosso per un solo momento non abbia pensato che cosa è stato il Catanzaro per tanti di noi.
E non mi riferisco solo ai più maturi, anche i più giovani, e i giovanissimi avranno qualche ricordo indelebile da raccontare pure degli anni bui della vecchia C2.
Catanzaro per lunghi anni ha vissuto di “pallone”. Il profumo e l’odore del pallone lo respiravi nella città e nella provincia, non c’era un luogo dove durante la settimana non si parlasse delle giocate di qualche calciatore, di schemi tattici o di come organizzare la prossima trasferta.
Il disinnamoramento iniziato dopo le due tragiche stagioni di serie B, inesorabilmente continua imperterrito nel suo cammino, eppure segni di riprese ce n’erano stati.
Ricordo un Effeci Catanzaro – Crotone di Coppa Italia con settemila tifosi sugli spalti, un ritiro ad Acri per un’amichevole con 700 persone in un caldo agosto, un Pescina – Catanzaro e viceversa, e non cito l’ultima del Flaminio per non farci ancora del male.
Ne abbiamo scritte e dette tante, forse è giunto il momento di una riflessione che faccia finalmente quadrare il cerchio. E’ necessario fermarsi un attimo altrimenti assisteremo ancora a comunicati deliranti come quello redatto dal palazzo comunale che ritiene di aver fatto il proprio dovere.
Si può anche sbagliare nella vita, ognuno di noi avrà commesso errori di valutazione ma si può anche riparare, serve solo umiltà e serve soprattutto ascoltare la gente, in questo caso i tifosi, siano essi organizzati che della strada.
Chiudersi nelle stanze del palazzo e deliberare può essere utile per alcune cose, per altre è necessario scendere in strada, ascoltare gli umori e toccare con mano che cosa sta accadendo. Invito il Sindaco, ma anche tutti i rappresentanti politici che hanno avuto un ruolo in questi mesi sulle vicende del Catanzaro, per una domenica, a recarsi davanti ai cancelli del “Nicola Ceravolo”.
Se sarà chiuso o aperto, poco cambia, la desolazione e la rassegnazione si comprendono dall’ambiente e dai volti di quei pochi presenti, siano essi dentro l’impianto o fuori.
Non è il caso di giustificare gli errori commessi nell’erogazione dei fondi pubblici appellandosi al fatto che l’obiettivo è garantire l’immagine della città, è più onorevole ammettere che ci si è sbagliati e che forse adesso è giunto il momento di resettare.
Prendiamo atto, pur davanti a tanti silenzi dopo le tante parole di quest’estate, che qualcuno, vuol vederci chiaro pur davanti ad altri (vorremmo nomi e cognomi) che continuano in questa folle corsa intavolando trattative impossibili.
Prendiamo atto che anche il socio “asettico” Tribuna Gianna (che potrebbe cambiare presidenza) in questa fase non è più asettico e cerca di rispettare il vero oggetto della sua nascita: “Traghettare il Catanzaro verso una proprietà” ma che sia una proprietà.
Oggi ospiteremo il Milazzo.
Una volta non importava il nome dell’avversario, potevi trovarti davanti la San Giuseppese, il Tivoli, il Gladiator, poco cambiava, l’aria del “Ceravolo” la respiravi sin dal mattino, sentivi quel coro “Siamo la Massimo Capraro”, ascoltavi gli allenatori dei distinti e ti si alzava “il pilorcio” quando dalla Tribuna partiva il coro “gia llo ro ssi”.
CI toccherà stasera aggiornare i risultati e scrivere due righe sull’ennesima sconfitta o pareggio o vittoria, ma non cambierà niente.
Il cambiamento dipenderà da noi e da “voi”.
Ci sono sempre due scelte nella vita: “accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle”.
Accettare la prima condizione significherà non poter più dire “NOI SIAMO IL CATANZARO”.
SF