Cara redazione,
ci raccontano che Catanzaro, come ogni altra città europea, ha finalmente una sua isola pedonale corrispondente al “Corso” del vecchio centro storico. Ho letto con interesse prossimo allo zero, gli interventi “pro e contro isola” che fino a qualche mese fa, neanche si parlasse di Cuba ai tempi della crisi dei missili, ingolfavano ogni dibattito cittadino. Oggi però intendo offrirvi la mia testimonianza su un giorno di ordinaria follia vissuto in pieno centro a Catanzaro, tra isola, navette e pirati senza uncino.
Da buona e moderna cittadina, per sbrigare alcune commissioni presso diversi uffici pubblici sparsi per il Corso, decido di parcheggiare la mia auto nell’area del “Musofalo”. Attendo la navetta (che a chiamarla così fa tanto “frequent flyer”), e giungo in pieno centro. Già durante questo primo tragitto, il gentile autista dell’Amc, incontrando sul suo cammino un auto malamente parcheggiata, rende note le sue intenzioni ai passeggeri: “Se al ritorno la trovo qui, mi fermo, chiudo il mezzo e blocco tutto” (versione tradotta e depurata da inestetiche maledizioni a santi e beati di ogni tipo). Io non penso più di tanto a quella frase, so che in centro dovrò trascorrere l’intera mattinata e superficialmente mi chiedo solo come sia possibile parcheggiare in quel modo la propria vettura. Ma tant’è, l’educazione civica la possiedono in pochi, nel nostro capoluogo come altrove. Trascorsa qualche ora, e soddisfatta di aver chiuso le mie pratiche, mi avvio alla fermata della navetta per la corsa di ritorno. C’è una discreta folla ad attenderla: la cosa non mi piace ma non mi insospettisce, in fondo è l’ora di punta, mi dico. Passano i minuti, e la situazione si fa un po’ più seria, fino a diventare, presto, paradossale.
C’è chi rinuncia e s’avvia a piedi verso il parcheggio, chi telefona, chi cerca un passaggio. Non abbiamo alcuna informazione, qualcuno ferma una zingara in cerca di carità e le chiede la lettura della mano: “dite che arrivo a casa oggi?”. Io mi guardo intorno e penso che invece di quei pretenziosi totem con sopra impressa la “M” di Metropolitana, sarebbe stato più opportuno acquistare un paio di pannelli elettronici con le informazioni in tempo reale su arrivi e partenze dei vari autobus (almeno di quelli destinati al servizio navetta). Dopo un’ora di attesa vana, lascio la fermata e mi avvio al parcheggio. Al termine di un discreto cammino (con le scarpe da trekking sarebbe stato un buon allenamento), trovo l’autobus dell’Amc fermo esattamente nel punto critico dell’andata. C’è ancora la stessa macchina malamente parcheggiata e forse, lo stesso autista, che questa volta se ne sta immobile con il suo mezzo al centro della strada. Insomma una scena da film: un’atipica situazione di stallo alla messicana. Chiedo all’operatore del parcheggio il perché di questo disservizio e domando se i vigili siano stati avvertiti. Mi risponde di sì, ma con un po’ d’insofferenza. Ripensando al punto in cui la navetta era bloccata, chiedo poi come mai l’autista non abbia deviato di un paio di metri dal suo percorso per evitare quell ‘auto al centro della strada: “Ma scherza? Non si può cambiare assolutamente un percorso stabilito dall’amc, in nessun caso”.
Proprio così, neanche contattando l’amc, neanche in caso di emergenza, neanche fosse il corteo presidenziale di JFK redivivo. Arrivo alla mia auto finalmente, e mi viene voglia di passare sulle mie quattro ruote in pieno centro per recuperare il vecchietto con cui ho parlato tutto il tempo della mia attesa alla fermata. Ma poi desisto, e non so neanche perché. Un colpo di clacson al gentile operatore del parcheggio, un altro all’immobile autista del bus: la mia giornata in pieno centro è terminata. Ma quale Europa… la prossima volta noleggio un Suv.
Enza Caligiuri