Domenica 8 giugno 2003. A Roma lâafa è opprimente, lâattesa
per la partita spasmodica. Gli amici romanisti e laziali â calcisticamente
parlando â sono già in vacanza da un paio di settimane. Non capiscono,
o forse non sanno, che nella loro città tanti altri tifosi soffrono per
una squadra che ormai da tredici anni combatte nelle paludi della quarta serie
âprestipedatoriaâ (come diceva il compianto Gianni Brera). Molti
ignorano addirittura lâesatta collocazione geografica di Acireale, la
ridente cittadina siciliana che ospita il Catanzaro e questa agognata finale
dei play-off. Si chiedono giustamente comâè possibile che il ânobileâ
Catanzaro sia finito a giocare in simili campetti di provincia. I più
attenti, con un pizzico di nostalgia, lo ricordano calcare il prato dellâOlimpico
nelle sfide degli anni â70-â80. I romanisti rivedono la memorabile
tripletta di Palanca allâOlimpico del 4-3-1979; i laziali ricordano il
contestato gol di Monelli nei minuti di recupero che, il 15-5-1988, valse alla
Lazio il pareggio in Calabria e la conseguente promozione in serie A, proprio
a spese del Catanzaro.
Mentre la città , deserta e assonnata, tace, lâavamposto giallo-rosso
romano si prepara a seguire la partita, privo di numerosi e coraggiosi elementi
che si sono sobbarcati un lungo viaggio per essere vicini alla squadra. Alcuni
ascolteranno la radiocronaca via web della partita, altri aspetteranno il trillo
dei loro telefonini, foriero di notizie dagli amici presenti ad Acireale. Alcuni
non reggeranno allâemozione e preferiranno una passeggiata rilassante
in attesa della fine della sfida, altri rimarranno incollati alla pagina 215
del Televideo, sperando di ritrovarci il nome del Catanzaro anche a settembre
(basta con la famigerata pagina 218). Alcuni morderanno nervosamente le loro
unghie, altri consumeranno quantità industriali di tabacco. Alcuni si
riuniranno in gruppo per darsi coraggio, altri preferiranno la solitudine davanti
al monitor.
Dopo una nottata insonne e una giornata vissuta nellâattesa, alle 16.30
finalmente inizia la partita. Tra telefonate agli amici, commenti sul forum
e radiocronaca a singhiozzi, a causa dellâaltissimo numero di contatti
sul sito, i novanta minuti più lunghi della stagione volano via tra la
speranza di poter finalmente gioire e la paura di dover rimandare ancora un
sogno lungo tredici anni. Alla fine, le scarsissime emozioni, i pochissimi tiri
in porta e la grande paura di perdere determinano il risultato più ovvio:
un pareggio senza reti. Così tutto è rimandato alla gara di ritorno
di domenica prossima allo stadio âCeravoloâ, una pentola a pressione
ribollente, pronta ad esplodere di gioia o di rabbia, in caso di vittoria o
di sconfitta.
Domenica prossima Roma sarà ancora una volta deserta, ancora una volta
immersa nellâafa di questi giorni di metà giugno. I tifosi romanisti
e laziali continueranno ad essere distratti dalle beghe estive del calcio-mercato.
Molti dei tifosi giallo-rossi residenti a Roma torneranno a casa, approfittando
del weekend referendario e della partita per riabbracciare i familiari. Il âCeravoloâ
sarà ancora una volta vestito a festa, come nelle giornate importanti
di un passato ormai troppo lontano e sbiadito nel ricordo. Come quel folle 17
giugno di due anni fa, quando la gioia di un popolo venne strozzata da un tiro
finito in porta a quattro minuti dalla fine.
Lo spettro del ricordo di quel giorno si materializzerà inesorabilmente
allo stadio domenica prossima, nella mente dei tifosi che erano presenti e di
quelli che non câerano, costretti ad emigrare per lavoro, lontani magari
centinaia di chilometri. Solo due saranno i superstiti di quel maledetto 17
giugno: Milone e Lo Giudice. Anzi tre, perché dallâaltra parte
della barricata tornerà il vecchio capitano, Gianni Delle Vedove, che
pianse insieme a noi quel maledetto 17 giugno. Ascoli starà fuori per
squalifica e soffrirà in tribuna senza poter riscattare quel maledetto
17 giugno. Gentili, per lo stesso motivo, non câera quel maledetto 17
giugno: la sua assenza fu la causa principale della nostra sconfitta. Sulle
sue larghe spalle peserà la responsabilità maggiore per scacciare
via quello spettro, ormai da troppo tempo affezionato al âCeravoloâ.
Domenica prossima allo stadio non ci sarà invece Giovanni Rinaldi, tifoso
del Catanzaro, deceduto per un infarto mentre assisteva con i suoi figli alla
partita Catanzaro-Sora, quel maledetto 17 giugno.
Ivan Pugliese