Il 24 maggio 2011 verrà ricordato nella storia italiana come uno dei punti più bassi della nostra democrazia. Il decreto Omnibus su cui è stata posta la fiducia, infatti, contiene anche la moratoria sulla costruzione degli impianti per lo sfruttamento dell’atomo. Un ignobile mezzuccio che tenta di scavalcare le consultazioni referendarie, in un cammino avviato già il 16 marzo scorso, quando il Parlamento votò contro l’accorpamento dei referendum alle elezioni amministrative, spostando il voto nell’ultima data disponibile e puntando tutto sul non-raggiungimento del quorum. La mossa, probabilmente, sarebbe anche riuscita, ma nessuno aveva fatto i conti con la catastrofe giapponese che ha risvegliato nel mondo intero l’annoso scontro tra favorevoli e contrari al nucleare. Nazioni come la Germania hanno accelerato il processo di abbandono di questa fonte di energia che la storia ha definitivamente bollato come dannosa e assolutamente insicura. Ovunque ci si è posti delle domande, tranne che nel Belpaese, dove un Premier vecchio e dispotico ha dichiarato “ineluttabile” il futuro nucleare italiano. Il tutto, se possibile, è aggravato dalle reali motivazioni sottostanti la cocciuta persistenza del Governo e della maggioranza parlamentare, i quali non sono mossi da una, errata, ma reale convinzione della validità di questa politica energetica, bensì dalla paura che il quesito sul nucleare trascini i cittadini alle urne consentendogli di esprimersi anche sul legittimo impedimento.Catanzaro è coinvolta nella discussione non “solo” perché nella sua provincia è situato uno dei siti nucleari identificati nella lista governativa diffusa qualche mese fa, ma anche perché è già arrivato il primo “conflitto di interessi” del neo-eletto Michele Traversa. Il futuro sindaco di una città che, lo scorso 1 aprile, è stata dichiarata territorio denuclearizzato, e quindi contraria alla produzione di energia nucleare, ha svolto il suo ruolo di Deputato seguendo il diktat del partito. Non resta che sperare nel giudizio della Cassazione, e soprattutto nelle coscienze degli italiani che, speriamo, si rechino alle urne in grandissima maggioranza per decidere del proprio futuro sulla scia di quanto già avvenuto in Sardegna dove il 98% dei votanti ha detto SI per fermare il nucleare.