Nel sabato di calcio, anomalo per il “Ceravolo” e che non capitava dagli ultimi due famigerati campionati disputati nella serie cadetta, il pubblico catanzarese risponde presente. Sono quattromila e passa i tifosi che affollano il vetusto “Nicola Ceravolo”. Nella curva “Mammì” sono circa duecento i sostenitori giunti da Salerno. Sebbene le condizioni avverse del tempo possiamo affermare che almeno per la sua parte più importante, che per noi rimane sempre il pubblico, quella fra Catanzaro e Salernitana è stata un bello spettacolo. Brevi presenta in campo la formazione che ha vinto a Grosseto e Perrone dopo la sfida farsa con la Nocerina si presenta con un inedito e abbottonato modulo che in termini di numeri è il 4-4-1-1. Il tecnico salernitano teme il Catanzaro e già questo per pubblico e società giallorossa dovrebbe essere motivo di soddisfazione, specie se pensiamo che considerazione avevano i giallorossi di Cosentino rispetto alla Salernitana di Lotito alla vigila del torneo.
Il terreno del “Ceravolo” tiene nonostante le piogge che hanno interessato il capoluogo sino a pochi minuti dell’inizio della partita. Il fatto che il Catanzaro si sia allenato in settimana su un altro campo ha contribuito a non rendere impraticabile il manto erboso.
Le due squadre entrano in campo con la maglietta con la scritta “changing diabetes” per onorare la giornata mondiale contro il diabete.
Il Catanzaro è l’unica squadra professionistica in Italia a fare questo e il presidente Cosentino verrà insignito di una targa a ricordo dell’occasione.
La Salernitana si schiera quindi con un centrocampo in superiorità numerica e più tecnico rispetto a quello in maglia giallorossa. Perpetuini è il classico regista che fa girare la squadra, e spesso e volentieri trova Foggia tra le linee che ha il compito di cercare la giocata per servire Ginestra o gli esterni che si propongono sulle due fasce. Il reparto migliore del Catanzaro è la difesa, i granata, tranne un tiro sparato alto da Ginestra e una conclusione da fuori di Perpetuini, non creano apprensioni particolari a Bindi. Quando riesce, il Catanzaro punge prima con Germinale, poi con Fioretti e poi con Vitiello da fuori area.
Russotto parte largo a sinistra e prova spesso l’affondo. Il terreno viscido e la doppia marcatura applicata sull’uomo con più qualità del Catanzaro, costringono l’ex under ventuno a trasformarsi in uomo assist. Il passaggio a tagliare la difesa per bomber Fioretti è con il contagiri; il bomber romano è bravissimo a calciare di prima intenzione un sinistro a incrociare che trafigge Berardi. Neanche tre minuti e Foggia, innervosito perché pressato continuamente, perde le staffe e dice qualche parola di troppo all’arbitro Ros che lo espelle. E’ il solito Catanzaro quello visto nel primo tempo con i suoi pregi e i suoi difetti. Sornione e attento dietro e cinico al punto giusto. L’unico appunto che possiamo fare è che quando conquista palla riparte con pochi elementi. L’azione allo scadere del primo tempo di Benedetti è indicativa. Il centrocampista, percorre da solo quaranta metri di campo, è toccato da una spinta (poteva starci rigore ed espulsione) ma ad accompagnare l’azione c’è il solo Fioretti.
La ripresa inizia e il Catanzaro ha in mano la partita. In vantaggio di un goal e in superiorità numerica amministra bene il possesso palla e i granata in maglia bianca corrono a vuoto. Montervino salva sulla linea una sforbiciata in area di Ferraro e Marchi arriva in ritardo su una mischia sotto porta. La Salernitana si affida ai lanci lunghi e Perrone comincia a cambiare i suoi uomini: entra Guazzo, il cannoniere dei campani. Siamo al settimo della ripresa e nemmeno dopo due minuti inizia chiaramente a provocare i calciatori catanzaresi. Ci prova prima con Ferraro e poi con Rigione. L’ex difensore della Ternana è più esperto e non ci casca, Rigione purtroppo a palla lontana, mentre l’azione si svolge dall’altra parte, si strattona con l’attaccante che cade a terra come se fosse stato colpito da un fulmine. Ros ha l’occasione per diventare protagonista e non si fa pregare. Applica il regolamento e assegna un calcio di rigore che nessuno ha visto perché l’azione si stava svolgendo lontanissimo dalla zona dov’è accaduto il fattaccio. Obiettivamente sembra evidente la compensazione, per via dell’espulsione dell’esperto Foggia. Questi tipi di penalty difficilmente si vedono sui campi di calcio: ricordiamo che un rigore del genere a palla lontana lo assegnò un certo Collina in una sfida di vertice di serie A. Guazzo, che poco prima stava quasi per svenire – con una sceneggiata che spiega il motivo per cui il calciatore le serie superiori le ha viste solo con il binocolo (la sua carriera a 31 anni si è consumata fra D, C2 e C1) – batte Bindi e regala il pareggio alla Salernitana.
Adesso c’è parità numerica ma il Catanzaro non è più quello guardingo del primo tempo. Punto sull’orgoglio si riversa in avanti e mette alle corde la Salernitana.
I tifosi granata cantano per novanta minuti e sembrano noi in trasferta. La curva “Capraro” che dovrebbe spingere i giallorossi – che attaccano proprio sotto la Ovest – nella ripresa e nei momenti topici della partita è distratta e non incita come il solito. Allora ci pensa la tribuna est a sovrastare i cori dei tifosi campani, il vecchio cuore degli “ex distinti” esce fuori. La difesa passa a tre e sia Sabatino sia Catacchini si propongono sulle corsie esterne, mentre Russotto si sistema dietro Germinale (nel frattempo era uscito Fioretti) e fa quello che l’ex nazionale Foggia, faceva nel primo tempo fra le file granata. Le mischie in area salernitana si susseguono; prima Mendicino salva sulla linea su sforbiciata di Ferraro, poi una prodezza di Berardi nega il goal a Russotto e un gran tiro al volo di Germinale termina sull’esterno della rete.
Il vantaggio arriva su rigore dopo che il difensore avversario ferma una conclusione indirizzata a rete sempre di Russotto. Il Catanzaro torna in vantaggio ma questa volta l’arbitro, così preciso nell’applicare il regolamento nell’azione del rigore di Guazzo, è meno attento su alcuni episodi che vanno per forza di cosa annotati: il fallo di mano in area che ferma un tiro (occasione del rigore concesso) o un passaggio è d’ammonizione; Capua già ammonito commette un fallo da dietro e, mentre Ros sta per estrarre il secondo giallo, si ferma di colpo perché si ricorda che il calciatore è già ammonito. Sono episodi, ma se il regolamento è applicato alla perfezione nelle decisioni che penalizzano il Catanzaro, quando c’è da favorirlo si soprassiede.
Perrone a questo punto, con pochi minuti rimasti per recuperare, inserisce Rizzi e Mendicino (la panchina della Salernitana incide di più rispetto a quella catanzarese) e l’ex primavera Lazio trova una spizzicata bella e fortunata che inganna Bindi, dopo aver anticipato sul primo palo Orchi. E se c’era Rigione avremmo preso quel goal? E’ la domanda che il tifoso catanzarese si pone in quel preciso istante. Sul finale c’è poco da dire: Martignago appena entrato non è lucido e non aggancia un assist di Fiore e c’è l’espulsione (ormai ininfluente) di Rizzi per fallo da tergo. Quattro sono i minuti di recupero concessi, per l’espulsione se ne perdono almeno due, ma figuriamoci se l’arbitro poteva essere così preciso nell’applicare il recupero del recupero. Al 94esimo esatto fischia la fine.
Pareggio giusto complessivamente ma negare che al Catanzaro è stato tolto qualcosa non è un’eresia. La gioia e la soddisfazione dei tifosi campani e dei calciatori in campo è emblematica per capire quanto insperato è stato il pareggio di una Salernitana che spende il quadruplo del Catanzaro e che ha una rosa che può contare su elementi cresciuti in un vivaio importanti come quello della Lazio. Guazzo non festeggia e scappa negli spogliatoi forse perché anche lui proverà un pochino di vergogna per la sceneggiata napoletana fatta ieri. Il Catanzaro si è assestato nelle posizioni alte della classica e può ritenersi ampiamente soddisfatto. La squadra ha una grande dote che è quella della grinta e dell’impegno ma anche dei limiti nella costruzione del gioco. Se si vuole arrivare a traguardi importanti, è normale che qualche ritocco servirà. Lasciare qualcosa d’intentato in un torneo equilibrato come questo sarebbe un peccato. Di certo c’è un dato: i venti punti conquistati sono frutto di lavoro e di nessun regalo arbitrale; di questo si può essere orgogliosi e fieri. Allora tutti a Gubbio per sostenere le aquile, lo meritano i ragazzi e lo merita la società che ci sta facendo parlare solo di calcio, che è quello che tutti desideravamo. Forza Giallorossi.
Salvatore Ferragina