Desta molta irritazione la notizia secondo la quale l’Ufficio del Commissario per il Dissesto idrogeologico starebbe per traslocare da Catanzaro a Reggio. Se ciò fosse vero sarebbe l’ulteriore segnale di come, silenziosamente, vada avanti quello spregevole processo di depauperamento della nostra città rispetto alle sue funzioni di capoluogo regionale. Ciò che non può essere vigliaccamente taciuto dalla politica cittadina, la quale – in mancanza di contromisure adeguate e perentorie – diventerebbe correa dei continui scippi. Tanto più che l’ufficio di che trattasi ha necessità di interagire quotidianamente con le altre funzioni regionali presenti nel capoluogo, per come leggiamo pure nel testo ministeriale. Dunque quest’altro “trasloco” andrebbe ad inficiare la funzionalità e l’operatività del progetto ministeriale.
Il commissario per il dissesto idrogeologico è stato istituito nel 2010 in seguito all’accordo di programma tra il Ministero dell’Ambiente e le Regioni al fine di individuare interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico. Per quanto riguarda la Calabria, l’accordo prevede la realizzazione di 185 interventi a fronte di un importo complessivo di 220 milioni di euro; a coordinare tale imponente lavoro è il dottor Domenico Percolla, nominato, con decreto dell’allora presidente Berlusconi del 21 gennaio 2011, Commissario Straordinario Delegato per la Calabria. Il relativo Ufficio – così come tuttora leggiamo sul sito internet della Regione Calabria – risulta essere allocato a Catanzaro in Via Crispi, 33. La cosa assai strana, però, è che in data 31 ottobre 2010 la Regione Calabria, e precisamente l’Ufficio del Dissesto Idrogeologico nella persona del dottor Percolla, abbia stipulato presso l’Agenzia delle Entrate di Reggio Calabria un accordo di locazione per sei anni, al costo di 54.000 euro all’anno.
Cosa significa tutto ciò? L’unica e logica interpretazione che se ne può dare è che l’Ufficio sarà traslocato dalla sua sede naturale, ossia il capoluogo, all’immobile oggetto del contratto di affitto sopra menzionato, ossia a Reggio. E a proposito di questo, vi è un altro inquietante aspetto nella faccenda: leggiamo infatti che fra i proprietari dell’immobile in questione vi è la dottoressa Alessandra Sarlo, moglie del giudice Vincenzo Giglio portato recentemente in carcere in seguito all’operazione contro la ‘ndrangheta condotta dal procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini.
La faccenda, per come appare, è davvero troppo equivoca e reclama un chiarimento. Al contempo ci pone due diversi legittimi interrogativi: uno, rivolto alla politica, che ha il dovere di far luce sulle umiliazioni continue cui è soggetto il capoluogo regionale relativamente alle sue prerogative mutilate; l’altro interrogativo è di pertinenza giudiziaria giacché siamo certi che la Magistratura dovrà e saprà fare chiarezza sullo strano “intreccio” che questa storia ci consegna.