È iniziato ieri a Catanzaro, davanti alla Corte d’assise, il processo a carico di Farid Tellaj, marocchino di 27 anni, accusato dell’omicidio del cugino coetaneo, Abderrahim Katai (nella foto) assassinato con un colpo d’arma da fuoco il 17 settembre del 2011 nella sua casa di Pianicello, rione centrale del capoluogo calabrese. I giudici (presidente Giuseppe Neri, a latere Domenico Commodaro) hanno ammesso i mezzi di prova richiesti dalle parti, disposto la trascrizione di alcune intercettazioni effettuate in fase di indagini ed ascoltato i primi testi, prima del rinvio al prossimo 20 giugno. Tellaj è accusato di aver ucciso il cugino al culmine di una lite per questioni di soldi.
Tellaj, più precisamente, avrebbe voluto che il cugino gli consegnasse la somma di 1.035 euro che il ragazzo aveva conservato per le spese del matrimonio che avrebbe dovuto celebrare nelle settimane successive in Marocco. Per questo avrebbe telefonato a Katai chiedendogli di incontralo a casa dove poi, degenerata la discussione, gli avrebbe sparato con una pistola colpendolo al torace. Gli investigatori della squadra mobile arrivarono presto a sospettare di Tellaj, che secondo quanto emerso dalle intercettazioni, nelle ore successive al delitto avrebbe tentato di costruirsi un alibi. A carico del giovane imputato, che nel corso di una perquisizione era stato fra l’altro trovato in possesso della somma risultata mancante nell’abitazione del cugino ucciso, fu poi emesso un provvedimento di fermo da parte del parte del sostituto procuratore Paolo Petrolo, che però i poliziotti riuscirono ad eseguire solo molto tempo dopo perché intanto Tellaj si era allontanato dall’Italia.
Al suo ritorno dal Marocco, il 27 aprile del 2012, gli agenti della Polfer lo avevano immediatamente individuato a fermato. Il 30 aprile, infine, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lamezia Terme, Barbara Borelli, competente per territorio considerato il luogo di esecuzione del provvedimento, convalidò il fermo di Farid Tellaj, ed emise a suo carico un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. (AGI)