Avvocati, carrozzieri, periti, un medico compiacente ma soprattutto decine di persone pronte a testimoniare il falso, a fingersi vittime di incidenti stradali. Una vera e propria associazione a delinquere finalizzata alla frode assicurativa. I numeri rendono bene la vastità del fenomeno svelato dall’inchiesta condotta dalla guardia di finanza e coordinata dal pm Paolo Petrolo: venti persone arrestate, 156 indagati, un giro di affari di almeno 5.300.000 euro.
I particolari dell’operazione sono stati resi noti questa mattina in una conferenza stampa alla presenza del procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, dell’aggiunto Giovanni Bombardieri, del generale della Finanza Antonio De Nisi, del colonnello Mario Palumbo e del tenente colonnello Massimo Battaglini.
Il quartier generale dell’organizzazione era lo studio legale dei fratelli Gennaro Piero (conosciuto come Giampiero) e Raoul Mellea.
Per gli inquirenti sarebbero loro gli ideatori di «un sistema meticolosamente organizzato di truffe ai danni diversi istituti assicurativi». Un business tanto fiorente che aveva «quasi interamente asservito l’attività dello studio professionale».
Giampiero Mellea che nel pomeriggio si è consegnato spontaneamente ai finanzieri, vanta anche un passato in politica, è stato consigliere comunale dell’Udeur e candidato al consiglio regionale e primo dei non eletti nella lista “Insieme per la Calabria” a sostegno dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti.
A portare gli inquirenti ad accendere i riflettori su quello studio legale è stato un collaboratore di giustizia catanzarese coinvolto nell’ambito di un’operazione antidroga nel capoluogo che ha spiegato agli inquirenti il “sistema” messo in piedi da Mellea, essendone stato partecipe dal 2002 al 2008. Le lunghe e complesse indagini hanno consentito di stabilire che tra il 2010 e il 2012 il gruppo ha messo in scena almeno ventotto falsi incidenti stradali.
Le modalità erano quasi sempre le stesse, così come i partecipanti, i veicoli coinvolti e anche i luoghi. Per la Procura era proprio Giampiero Mellea a coordinare tutte le fasi con la collaborazione del fratello e di un altro collega, l’avvocato Antonio Bressi. Altra figura cardine è rappresentata da Fabrizio Nicoletta che per rendere credibili i falsi sinistri adoperava come «figuranti di professione» i propri parenti e in caso di necessità era pronto a rendere falsa testimonianza nelle cause civili.
Ruolo centrale avrebbe avuto anche il medico Giulio Cosco colui che , stando alle accuse, avrebbe compilato «falsi certificati medici volti ad avvalorare la veridicità del sinistro». Francesco Giglio, invece, titolare di una carrozzeria, avrebbe fornito ricevute false o gonfiate.
Infine, l’associazione avrebbe potuto contare anche su un perito, Angelo Barone, che «dall’interno concorre ad avvalorare le pratiche assicurative della attività delittuosa e avvisa lo studio Mellea di eventuali problemi insorti durante le istruttorie svolte dalla compagnia assicurativa». Ma soprattutto l’avvocato e i suoi complici avrebbero potuto contare di un nutrito gruppo di persone che a “rotazione” comparivano o come guidatori, o come terzi trasportati oppure come testimoni. Le finte vittime venivano sempre indicate come «violentemente investite» in modo da poter ottenere il massimo del risarcimento.
Nonostante una perquisizione nello studio di Mellea compiuta nel 2011 l’attività dell’organizzazione è proseguita senza sosta almeno fino al dicembre del 2013. Dopo l’avvio delle indagini tutte le maggiori compagnie assicurative hanno presentato querela per i falsi incidenti e ora sono pronte a costituirsi parte civile nel procedimento penale. Le indagini hanno consentito, inoltre, di accertare un’ingente frode fiscale da parte di Mellea e Bressi che, negli anni, avrebbero denunciato poche migliaia di euro di reddito a fronte degli ingenti guadagni.
Anche su questo fronte il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro è intervenuto con un sequestro di beni. Ben 66 in totale i capi di imputazione contestati dagli inquirenti, oltre all’ipotesi di reato di associazione per delinquere, gli indagati a vario titolo devono rispondere di truffa, falso e intestazione fittizia di beni. Il procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e il procuratore aggiunto, Giovanni Bombardieri, hanno evidenziato che il «sistema scoperto aveva di fatto alterato il libero mercato delle assicurazioni. Era un sistema meticolosamente organizzato che ha prodotto ingenti guadagni alle persone che sono state individuate quali componenti dell’organizzazione».
correieredellacalabria – Gaetano Mazzuca