Della 106 si continua a discutere da anni, semplicemente perché ne va della nostra.
25 dicembre 2005: c’è un’automobile che va da Santa Caterina verso Badolato a velocità moderata, quasi lenta. Alla guida c’è un uomo anziano, con un passato da emigrato in Germania, tornato ormai da alcuni anni a vivere in Calabria. In tanti viaggi e chilometri macinati sulle strade del mondo, mai un incidente, mai un problema. Al suo fianco, la moglie. Vicino ad Isca e stanno tornando da Monasterace. Sono stati ad una celebrazione religiosa. Sul sedile posteriore, a sinistra, seduta dietro al nonno c’è la nipotina appena diciottenne, anche lei di Isca, e dall’altro lato un’amica ventenne di Badolato. Sono quasi a destinazione, quando, dopo una curva, una macchina di grossa cilindrata che va nella stessa direzione, piomba alle spalle dei quattro a tutta velocità . L’urto è violentissimo. Le macchine fanno un testacoda, finiscono sul lato opposto della strada, rompono un muretto e terminano in una piccola scarpata profonda circa un metro. Nell’impatto micidiale contro il muro muoiono le due persone sedute dal lato destro dell’auto, l’anziana signora e la ragazza di Badolato. Non rivedranno più casa e le loro famiglie saranno distrutte dal dolore, proprio nei giorni in cui si festeggia vicino ai propri cari. L’investitore è un ragazzo di Santa Caterina, figlio di emigrati a Milano, tornato per le vacanze di natale, ha appena vent’anni e viaggiava da solo in macchina.
Al di là della cruda dinamica dell’incidente, restano delle vite spezzate ed altre distrutte dal dolore. Sempre sulla 106, la strada della morte, i cui incroci, guard rail e ponti sono costellati di croci e mazzi di fiori ingialliti. Una statale che ogni giorno ci ricorda di essere una gigantesca lapide. L’ho percorsa molte volte nei miei ventisei anni, accanto a mio padre che ogni tanto interrompeva la monotonia del viaggio per farmi il necrologio dei suoi amici e conoscenti che hanno avuto il loro destino di morte legato a questo asfalto maledetto. Finché anche io ho dovuto avere il mio personale incurabile dolore per aver perso una persona importante su queste strade pericolose.
In un articolo di giornale si dovrebbe fare cronaca senza commento. ma l’opinione qui è un dovere perché la statale 106 non è un “annoso dibattito”, è un serial killer che uccide senza ritegno e senza sosta.
Dopo i fatti di Natale, a Badolato, c’è stata una spontanea reazione popolare e il 3 gennaio parte dei cittadini sono scesi in strada con una marcia silenziosa. Affidando i commenti agli striscioni, il Comitato dei giovani ha scritto: “siamo stanchi di morire così”. La manifestazione ha preso il via alle ore 18:00 dalla piazza dei SS. Angeli Custodi di Badolato marina e i badolatesi erano stati esortati a partecipare a non rimanere a casa, contro “una mentalità rinunciataria e lassista”.
Nel comunicato diffuso dagli organizzatori si possono leggere i motivi per cui la gente ha bloccato la statale per alcune ore: “La nostra protesta, la nostra rabbia è rivolta contro il governo, che ha tagliato i finanziamenti, per la messa in sicurezza del tratto della 106 tra Soverato e Guardavalle, contro la classe politica calabrese da sempre latitante, lontana dai problemi drammatici delle popolazioni del Basso jonio soveratese, contro l’Anas responsabile di questi ritardi, contro i sindaci e le amministrazioni locali che non hanno sentito in tutti questi anni, il dovere morale e civile di attuare clamorose proteste, come le eventuali dimissioni dagli incarichi istituzionali”.
Giovani, anziani, familiari delle vittime si sono ritrovati in quella triste occasione, uniti dal proposito di “fermare le stragi sulla 106”. Nuove e più ampie manifestazioni sarebbero necessarie per coinvolgere abitanti di tutti i paesi della zona e fare comprendere che non solo la strada necessita di un ammodernamento. Anche chi guida abbia la consapevolezza di cambiare atteggiamento e moderare la velocità .
(Raffaella Maria Cosentino, Il Calabrone, anno V, n. 2, febbraio 2006)