Il markoritocco – “Voi lo sapete: esistono 2 Catanzaro”
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Questo Catanzaro non è il Catanzaro. Perlomeno non è quello vero, quello desiderato da piccoli in centomila sogni. È una caricatura mal riuscita, uno scarabocchio sulla storia. Se mai ce ne fosse bisogno, domenica è arrivata la conferma. Non è da Catanzaro mandare quattro ragazzini allo sbaraglio. Non è da Catanzaro perdere al “Ceravolo” contro il Neapolis (solo due volte nella storia era successo all’esordio in casa). Non è da Catanzaro portare 250-300 spettatori allo stadio alla prima di campionato, inclusi i parenti dei calciatori e i dipendenti a vario titolo dei soggetti pubblici e privati che hanno contribuito a distruggerlo lasciando alle spalle solo macerie. Non è da Catanzaro essere ridicolizzati sul mercato, col Coulibaly di turno che (ovviamente) preferisce andare in serie D, piuttosto che accettare l’offerta del FC. Non è da Catanzaro indossare delle orribili magliette giallo-nere, deturpate ancor di più da quella chiazza-sponsor rossa che ci ricorda beffarda come il Catanzaro sia diventato un giocattolo politico. “Catanzaro città tra due mari”, recitano le maglie, mentre il Catanzaro calcio affonda da solo sui tre colli.
SUPERMARKET EFFECCÌ – Se il logo non fosse stato coniato prima, qualcuno potrebbe pensare che lo sponsor giallorosso sia un famoso centro commerciale della provincia. Ed effettivamente il Catanzaro oggi sembra un supermarket da svaligiare. Con un piccolo ma non indifferente particolare. Si compra gratis. In questi ultimi giorni si assiste impietriti all’ulteriore svuotamento di un organico che ha già dimostrato a Sorrento e col Neapolis di non poter competere neanche in questa Seconda Divisione che puzza di calcio dilettantistico lontano un miglio. Alla lista infinita di rescissioni consensuali degli ultimi anni, si aggiungono anche Mosciaro e Di Maio. Per carità, nessun rimpianto. Ma come nel caso di Caputo (e di tanti altri) un’ulteriore perdita per la società di calciatori il cui cartellino poteva essere monetizzato. Se poi aggiungiamo che il Catanzaro, nonostante la rosa svuotata, è l’unica squadra a non avere fatto mercato in entrata (a parte un paio di movimenti minori e qualche giocatore in prova), il quadro è completo. E desolante. Come la figura fatta dalla società con Di Cuonzo che, mentre il presidente Ferrara cercava di convincerlo a ri-firmare per un’altra stagione, si era già accordato con la Juve Stabia. E all’Effeccì non rimaneva che prenderne atto. Toccherà a Malù, al ritorno dai suoi impegni con la nazionale del Congo,il difficile compito di rovistare tra gli scarti degli svincolati, per trovare qualcuno da portare sui tre colli che si accontenti di quel poco o nulla che passa il convento. Poco o nulla soprattutto se si pensa che nei prossimi due mesi serviranno altri soldi freschi per far fronte alla ricapitalizzazione e alle scadenze previste. E la Tribuna Gianna, azionista al 46%, che cosa farà? Utilizzerà ancora fondi pubblici? La risposta non può che essere no, a meno che non si voglia andare incontro alla crocifissione in Piazza Prefettura oltreché subire le picconate del Cavatore.
“CERAVOLO” VIOLATO – Anche lo zero nella casella-punti dopo la prima giornata fa impressione. Negli ultimi tre anni, tre esordi casalinghi vincenti contro Celano, Aversa e Cisco. il Catanzaro ha perso solo due volte nella sua storia una prima di campionato al “Ceravolo”, sempre per 0-1: nel 1969 fu sconfitto dal Piacenza con un gol di Unere e nel 1989 dal Messina con una rete di Berlinghieri. Nel primo caso, a fine stagione i giallorossi si salvarono all’ultima giornata grazie a uno 0-0 casalingo contro la Reggiana: era la squadra che nella stagione successiva avrebbe centrato la prima storica promozione in serie A. Nel secondo caso, invece, il campionato si concluse ingloriosamente con l’ultimo posto in classifica e la retrocessione in C1 che avrebbe dato il via all’agonia giallorossa.
“CERAVOLO” VUOTO – 250 spettatori. Più o meno come il Renate, il Mezzocorona, la Giacomense e il Pomezia. Circa la metà degli spettatori di Entella, Feralpi Salò e Sacilese. Un quarto rispetto al Melfi, alla Vibonese, all’Isola Liri, al Casale. Un decimo se si guarda all’esordio casalingo di Campobasso, Avellino e Matera. Il mancato cambio di proprietà, la sconfitta di Roma, il ripescaggio “rifiutato”, i “figli d’arte” del Ceravolo hanno contribuito a disperdere lo zoccolo duro di oltre 2.000 tifosi, che aveva ricostruito il Catanzaro dei record di Auteri (comunque la squadra più seguita in Seconda Divisione). E così i record negativi possono essere aggiornati. Domenica al “Ceravolo” circa 250-300 spettatori, perlopiù parenti e amici dei ragazzi in campo o dei dirigenti in tribuna: un numero inferiore a quello dell’esordio in Coppa Italia dell’estate scorsa contro il Siracusa. L’Effeccì è diventato uno spettacolo privato che va in scena su un glorioso palcoscenico pubblico: quel “Ceravolo” rinnovato nella veste grazie agli stanziamenti della giunta comunale, ma sempre più vuoto. Almeno quando gioca il Catanzaro. E allora avanti con la matricola Latina, che sembra uno squadrone al confronto dei ragazzi di Ze Maria e Malù. L’ultima volta fu decisiva una doppietta giallorossa di Ambrosino. Ma domenica non si potrà neppure scommettere sulla partita. L’Effeccì non lo quota più neanche la Snai.
Ivan Pugliese