“Gentili Sigg.ri Direttori, sono il detenuto Natale Ursino, attualmente ristretto nella Casa Circondariale di Catanzaro Siano.”
Inizia così il messaggio arrivato a noi e a tutte le redazioni giornalistiche calabresi nelle scorse ore. Ursino racconta cosa sta accadendo nel carcere della nostra città, quali siano le condizioni di vita quotidiane e le preoccupazioni di quasi seicento persone.
E si comincia proprio dai numeri: nel carcere di Catanzaro si trovano circa 250 detenuti in più di quelli che dovrebbero esserci, una situazione che sarebbe ritenuta intollerabile in un qualsiasi altro contesto della nostra vita. Non in galera. Eppure il sovraffollamento non è l’unico problema dell’Istituto.
“Recentemente sono state apposte alle finestre di tutti i Reparti di Media ed Alta Sicurezza delle fitte reti metalliche che impediscono di far penetrare all’interno delle nostre celle fatiscenti e sovraffollate luce ed aria naturale e che, contestualmente, arrecano gravi danni alla nostra vista. Una situazione che determina una sofferenza in più non prevista da nessuna Legge e che viene giustificata in nome dell’igiene poiché alcuni incivili compagni gettavano dalle loro finestre della spazzatura che finiva a terra, costituendo ricettacolo e proliferazione per topi ed altri animali che poi invadevano anche l’Istituto. Purtroppo, ad oggi, nonostante l’apposizione di queste schermature metalliche la situazione è rimasta invariata perché continuano ad esserci tanti topi con i loro parassiti con grave pericolo per tutti noi, che viviamo qui già in condizioni precarie dal punto di vista igienico – sanitario, di prendere qualche brutta malattia ed infezione di cui i roditori sono portatori. Qualche giorno fa questi animali sono stati avvistati anche nella Cucina dell’Istituto ove viene preparato il vitto prima di essere distribuito ai detenuti per cui, molti di noi, non si sentono più nemmeno sicuri di poter mangiare quel poco che lo Stato ci passa“.
I detenuti chiedono l’intervento dell’Azienda sanitaria locale, implorano almeno derattizzazione e disinfestazione della struttura. Ma perché devono chiederlo attraverso una lettera pubblica? Per quale ragione, se le condizioni del carcerce sono quelle denunciate, le autorità responsabili non si sono mosse?
Ursino racconta che nel carcere, dal 20 al 26 settembre scorso, è stata anche sostenuta una protesta pacifica e non violenta in sostegno della battaglia del Partito Radicale, che sta battendosi per un miglioramento reale delle condizioni di vita nelle carceri:
“Abbiamo rifiutato il vitto ministeriale (colazione, pranzo e cena) per sei giorni […] Il vitto ministeriale che è stato rifiutato lo abbiamo devoluto in beneficenza ai poveri della Caritas Diocesana ottenendo l’assenso al riguardo da parte della Direzione dell’Istituto. Ma pochi giorni dopo aver intrapreso l’iniziativa di protesta, inspiegabilmente la vita detentiva è tornata al vecchio rigoroso regime custodiale mentre, da qualche mese, si era finalmente passati al regime aperto, una specie di custodia attenuata che ci permetteva di rimanere “liberi” nei nostri rispettivi Reparti al mattino dalle 9 alle 11,30 e poi nel pomeriggio dalle 13,00 alle 15,30 e dalle 16,00 alle 17,30. Non riusciamo a comprendere il motivo di questo ritorno al passato specie in questo momento che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha proposto in tutti gli Istituti di Pena la cosiddetta “vigilanza dinamica” che prevede appunto il regime aperto per i detenuti che non sono classificati come pericolosi. Ci auguriamo che ciò non sia dovuto come ritorsione per le iniziative di protesta che abbiamo messo in atto e che, ci tengo a sottolineare, si sono svolte regolarmente senza creare alcun problema per l’ordine e la sicurezza dell’Istituto“.
Cos’è il carcere di Siano? È un buco nero (aggiungiamo “di fatto”, considerato ciò che ci racconta Ursino) dal quale ogni tanto ci giunge la notizia di un suicidio? Perché non è invece ciò che dovrebbe essere secondo la nostra Costituzione, e cioè un luogo in cui i detenuti scontano la pena e vengono avviati al reinserimento in società?
Proprio ieri il presidente della Repubblica Napolitano ha definito “umiliante” la situazione delle carceri italiane. Una situazione che da anni ci trascina in un vortice di sanzioni e richiami da parte dell’Unione Europea. Ma forse la questione non è politica in senso stretto. Forse è dentro ognuno di noi che la questione non trova spazio. “Le priorità sono altre”, pensiamo. “Chi ha sbagliato deve pagare”.
Ma la Giustizia non è vendetta, e la pena non è tortura: se anzi solo si avvicina ad essa diventa quanto di più aberrante l’uomo possa concepire.
La civiltà di uno Stato si misura sul trattamento che riserva agli ultimi dei suoi cittadini. Ai carcerati dunque, come ai malati, ai disoccupati, ai senzatetto. A tutti coloro che in un certo momento non hanno la forza né la possibilità di difendersi autonomamente. Se cediamo i diritti degli ultimi, prima o poi, saremo costretti a cedere quelli di tutti gli altri. È la Storia che ce lo racconta.
Dalle pagine di questa testata, all’amministrazione dell’Istituto penitenziario di Catanzaro, la nostra città, chiediamo che renda conto alla collettività delle parole di Natale Ursino. Ai parlamentari catanzaresi (Nicola Stumpo, Paolo Parentela, Pino Galati, Pietro Aiello) chiediamo di vigilare e fare ricorso al potere ispettivo che possiedono sin dal primo giorno della loro elezione. Una breve parentesi di mondo reale tra un voto di fiducia e l’altro. In attesa del prossimo suicida.
Fabrizio Scarfone
@fabriscar