Un nuovo significativo lavoro di ricerca storica è stato condotto dai ragazzi del Liceo Scientifico Statale “Luigi Siciliani” di Catanzaro, guidato dal preside Aldo Romagnino.
A compierlo sono stati i giovani della Seconda I, in particolare Valentina Longo, Denise Lucente, Roberta Paone, Valentina Chiodo, Alessia Montuoro, Rosa Nicoletta, Carlo Rocca, Christian Colacino, Fernando Cortese e Vincenzo Critelli, sotto la scrupolosa guida del loro professore di italiano e latino Mario Casaburi, non nuovo ad iniziative culturali del genere.
Impegnati non solo nelle ore curricolari, ma anche in quelle extracurricolari, gli studenti hanno approfondito con attento occhio clinico il testo “De Agricultura” di Marco Porcio Catone: “una lode alla vita nei campi, alla famiglia, e al buon lavoro. Ma soprattutto un richiamo alla buona società, recuperabile solo con una riscoperta delle antiche virtù romane”, spiegano i ragazzi.
Ne “è venuta fuori una ricerca – si legge nel lavoro – stimolante e interessante, che ha permesso di conoscere aspetti e problemi dell’istituto familiare romano”, comparandolo, seppur indirettamente, a quello attuale.
Il breve ma esaustivo saggio appare veramente intrigante e lascia adito a numerose considerazioni di carattere sociale. Per esempio si è potuto vedere come per i Romani l’estinzione della stirpe familiare, cioè la morte dei prosecutori di una famiglia, sia considerata una vera e propria sventura. In un’epigrafe funeraria analizzata dagli alunni si legge infatti, “quis quis hoc suus stulerit aut laeserit, ultimus quorum moriatur”, che, tradotto in italiano, sarebbe “chiunque avrà portato via o avrà rovinato questo, muoia l’ultimo dei propri”.
“Espressione – argomentano gli studenti – di siffatto genere non comparirebbero sugli attuali sepolcri, vivendo l’uomo, solamente e completamente, proiettato nel presente e assolutamente per nulla preoccupato del futuro”.
Nel lavoro si è anche sviluppata la figura del “pater familias”, che esercita la propria autorità sui servi, sui figli e sulla moglie.
Particolare attenzione i ragazzi hanno dato anche alla presenza femminile. “La donna – si legge – è sempre sotto la potestas di qualcuno: da piccola del padre, una volta sposata del marito, in caso il marito dovesse morire, dei figli. La matrona, partecipa
all’amministrazione dei beni familiari e, fuori casa, è rispettata ed ascoltata per la sua “pudicitia e fides”.
Alla matrona è anche dedicato un giorno, il primo marzo, primo giorno dell’anno, in onore di Giunone”.
E’ stato anche approfondito il tempo della vita familiare, scandito dalla nascita dei figli, e il matrimonio romano che, “deve durare tutta la vita, è pertanto sconsigliato il divorzio e le vedove sono mal viste”.
Nella società romana poi, pure se appare come un paradosso, “la morte rappresenta uno dei momenti più alti e più significativi della vita”.
Grande risalto è stata data anche alla figura del capofamiglia e del massaro. Il primo “deve essere un ottimo organizzatore del lavoro di tutti”. Il secondo, “figura intermedia”, “i cui doveri (officia) – scrivono ancora i giovani -, oggi ampiamente trascurati e dalla società e dalla scuola, a favore dei diritti, sono i retti principi (bona disciplina), il rispetto della proprietà degli altri, e delle festività (feriae)”. Il massaro inoltre “si deve preoccupare delle liti, degli errori e delle punizioni degli schiavi, i quali non debbono essere maltrattati”.
“La ricerca –conclude la relazione- ha coinvolto gli allievi, li ha avvicinati a un mondo vivo, ha consentito anche la conoscenza di termini (oltre 70) e strutture linguistiche latine, ma soprattutto, ha dimostrato la validità della cultura e dei classici latini nell’attuale società e nell’attuale scuola costituendo un momento di riflessione critica nell’istituto familiare”.
Ed ancora: “Molte sono state le considerazioni degli allievi sul lavoro che ha consentito di allargare gli orizzonti culturali, di avvicinarci concretamente al mondo romano, di comprendere attraverso il passato la nostra società, di poter fare uno studio interdisciplinare, di toccare con mano la storia, di lavorare efficacemente in gruppo, di avvicinarci alla lingua latina attraverso la conoscenza di un lessico molto ampio, di comprendere e analizzare un testo”.
Ma soprattutto ha anche permesso di capire agli studenti “che cosa significa fare una ricerca che non sia stampare dal computer banali e insignificanti serie di notizie tratte dal sito di grido”.
Insomma proprio un ottimo studio quello realizzato dai ragazzi della classe Seconda I. Ma non è il solo. Altri ragazzi, insieme ai loro compagni di Prima I, sempre guidati dal prof. Mario Casaburi, stanno già lavorando sullo “Sviluppo sostenibile” a partire proprio dagli ultimi fatti d’attualità che portano la cittadina di Napoli agli onori della cronaca come la pattumiera italiana. Di questo però – il prof. Casaburi è intransigente – se ne parlerà solo a ricerca ultimata.
fonte tecnicadellascuola.it