Il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, è stato condannato a 6 anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici nel processo che lo vedeva imputato, oltre a tre revisori dei conti, nell’ambito dell’inchiesta sul bilancio del Comune di Reggio Calabria. Per l’ex sindaco l’accusa formulata era abuso d’ufficio. E la condanna superiore ai due anni di reclusione per i reati contestati, in base alla “Legge Severino”, comporta la sospensione per 18 mesi dal consiglio regionale e a questo punto Scopelliti è fuori gioco anche rispetto ad una ricandidatura, a meno che non dovesse sopraggiungere una sentenza di secondo grado di assoluzione. Per il presidente della Regione, che non era presente in aula al momento della lettura della sentenza, a questo punto si apre un nuovo scenario politico.
Condannati anche i tre revisori dei conti dell’epoca (Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero De Medici) di Palazzo San Giorgio, accusati di falso ideologico. La vicenda giudiziaria è legata alle autoliquidazioni che avrebbe fatto l’ex dirigente dell’Ufficio finanza del Comune di Reggio, Orsola Fallara, suicidatasi nel 2010. Scopelliti dovrà anche risarcire 120mila euro.
Il pm Sara Ombra aveva chiesto pene esemplari: cinque anni e l’interdizione dai pubblici uffici. Ma la condanna è stata ancora più pesante. Per i tre revisori l’accusa chiedeva la condanna a 4 anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici.
LA LUNGA GIORNATA DI SCOPELLITI – Il giorno del giudizio per Giuseppe Scopelliti era iniziato con un rinvio. Le difese del governatore della Calabria e quelle dei tre revisori dei conti del Comune di Reggio Calabria avevano, infatti, presentato nuove memorie difensive, in particolare l’avvocato Labate aveva richiesto la riapertura della fase dibattimentale finalizzata a riascoltare la testimonianza di Demetrio Naccari, ex vice sindaco, che con le sue denunce ha fatto scattare l’inchiesta. Alle richieste dei legali difensori si è opposto il pm Sara Ombra. Il presidente Olga Tarzia ha fermato l’udienza per assumere una decisione sulle richieste ricevute. Dopo una camera di consiglio, il tribunale ha rigettato la richiesta di acquisizione di nuovi atti nel processo a carico dell’ex sindaco di Reggio Calabria, mentre ha accolto la richiesta di acquisizione di memorie degli imputati nella parte in cui sviluppano argomentazioni difensive.
L’avvocato Aldo Labate, difensore di Scopelliti insieme a Nico D’Ascola, aveva chiesto, in particolare, il deposito di ulteriore documentazione relativa al disavanzo di bilancio durante il periodo in cui Scopelliti è stato sindaco. «Da uno schema riassuntivo – aveva sostenuto il legale – emerge con chiarezza che su 48 milioni di euro di debiti fuori bilancio, 36 sono riconducibili alla precedente amministrazione, inclusa la cosiddetta Peo, la Progressione economica orizzontale, deliberata precedentemente alla sindacatura di Scopelliti». Alla richiesta si era opposto il pm Sara Ombra, che non ha replicato dopo l’arringa pronunciata stamattina dal difensore D’Ascola.
L’ARRINGA DEL PM E LA DIFESA – Nella sua arringa il pm aveva detto: «Già nel 2006la Corte dei conti rilevava il disequilibrio di bilancio, lo sforamento del patto di stabilità interno, e tutto ciò avrebbe dovuto comportare il blocco delle assunzioni di personale e degli acquisti di nuovi beni e servizi e la cessazione dell’utilizzo di consulenze e professionalità esterne all’ente, ma tutto questo non fu fatto. Il buco di bilancio al Comune era una situazione tragica, come peraltro è emerso dalla successiva ispezione del Ministero delle finanze voluta dalla Procura di Reggio».
Durante l’ultima udienza, prima del rinvio ad oggi, era intervenuto l’avvocato Aldo Labate, che in difesa di Giuseppe Scopelliti, ha sostenuto «la mancanza di rilievo di natura penale delle ipotesi accusatorie nei confronti dell’ex sindaco Giuseppe Scopelliti».