Quattro ergastoli, tre condanne a 30 anni di reclusione e pene dai sei ai sette anni e mezzo di reclusione. Questo il bilancio della sentenza nel processo, con rito abbreviato, “Filottete” che vede imputate 13 persone ritenute esponenti delle cosche di Petilia Policastro. Le accuse vanno dall’associazione mafiosa all’omicidio aggravato, porto e detenzione di armi e materie esplodenti, produzione e traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricettazione.
Sono stati condannati all’ergastolo Vincenzo Comberiati, ritenuto il boss dell’omonima famiglia, Salvatore Comberiati (classe ’59), Salvatore Comberiati (classe ’66) e Pietro Comberiati. Condanna a 30 anni di reclusione per Nicolino Grande Aracri, considerato boss di Cutro, Giuseppe Grano e Giuseppe Scandale. Sette anni e mezzo sono stati inflitti a Salvatore Vona e sei anni ciascuno a Giuseppe Pace, Mario Mauro, Salvatore Caria e Giovanni Castagnino. Assolto Antonio Valerio.
Con l’operazione “Filottete”, scaturita nell’ottobre 2013, condotta dai carabinieri del comando provinciale di Crotone e coordonata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio, si è indagato su sette omicidi di mafia commessi tra il il 1989 ed il 2007: di Mario Scalise, assassinato il 13 settembre 1989 a Petilia Policastro; di Cosimo Martina, assassinato il 30 settembre 1990 a Crotone; di Carmine Lazzaro, assassinato il 16 agosto 1992 a Steccato di Cutro; di Rosario Ruggiero, assassinato il 24 giugno 1992 Cutro; di Antonio Villirillo, assassinato il 5 gennaio 1993 a Cutro; di Romano Scalise, fratello di Mario, assassinato il 18 luglio 2007 a Cutro; di Francesco Bruno, assassinato il 2 dicembre 2007 a Mesoraca. Le indagini sono state possibili anche grazie alle rivelazioni della testimone di giustizia Lea Garofalo uccisa nel novembre 2009, che hanno permesso di dare riscontro a una vasta mole di elementi a carico del clan dei Comberiati.
Alessia Truzzolillo corca