Il Tribunale collegiale di Catanzaro ha sentenziato il non doversi procedere per morte del reo nel processo a carico dell’ex giudice Giancarlo Giusti, imputato per corruzione aggravata a seguito dell’inchiesta antimafia della Dda di Reggio Calabria denominata “Abbraccio”.
La pronuncia dei giudici catanzaresi – competenti per i procedimenti che riguardano magistrati in servizio nel distretto di Reggio Calabria – segue al decesso di Giusti, trovato impiccato nella sua casa di Montepaone Lido, lo scorso 15 maggio, quasi certamente per suicidio.
Il drammatico gesto dell’ex giudice è giunto non molto dopo che è passata in giudicato, divenendo così definitiva, una prima condanna a 4 anni di reclusione emessa nel settembre 2012 a suo carico per corruzione aggravata dalla finalità mafiosa per presunti suoi rapporti con la ‘ndrangheta, intrattenuti quando era giudice al tribunale di Palmi, contestatagli nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Milano che nel marzo precedente aveva portato all’arresto di Giusti e alla conseguente sospensione del magistrato da parte del Consiglio superiore della magistratura.
Tempo dopo quella prima inchiesta, nel febbraio del 2012, Giusti era stato coinvolto nell’operazione “Abbraccio”, all’epoca in cui era ormai giudice del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, nella cui veste secondo l’accusa avrebbe favorito la scarcerazione di elementi considerati di spicco della cosca di ‘ndrangheta dei Bellocco operante sul territorio di Rosarno, in cambio di denaro. Nel procedimento nato da quest’ultima inchiesta sono stati coinvolti altri sei coimputati – Domenico e Rosso Bellocco, Domenico Punturiero, e poi Gaetano Gallo, Giuseppe Gallo, e Rocco Gaetano Gallo – per i quali sono ancora in corso i giudizi abbreviati.