Il rompicalcio post-conferenza stampa era già pronto stamattina all’alba. Mancavano solo le cifre ufficiali, e magari qualche sfumatura da prendere in considerazione dopo le parole pronunciate dal presidente Aiello. C’era pure il titolo, “L’onore delle armi“. Retorico abbastanza perché apparisse come un giusto riconoscimento al coraggio del “soldato” immolatosi nel nome del Catanzaro e diventato presto comandante in capo. Un uomo capace di costruire con poco (verrebbe da dire “quasi niente”) un esercito valoroso e vincente. Un uomo al quale – prima dell’ uscita di scena – sembrava consentita l’ultima e onorevole passerella, giustificata perlomeno dalla lealtà dimostrata nei confronti della città. Diciamolo, abbandonare da primi in classifica, a sette partite dalla fine, dopo aver retto una stagione in equilibrio su un filo sottile, sarebbe stato per certi versi eroico.
E invece quel rompicalcio l’abbiamo appallottolato, per riscriverlo di sana pianta soltanto dopo la conferenza stampa. L’incontro con i giornalisti ha preso subito una piega inaspettata. Ci si attendeva un Aiello determinato – una volta affermata l’impossibilità di continuare a rivestire la carica di maggiore azionista dell’ Fc – a disporre tutte le carte in tavola, tanto per evitare un’altra deriva fallimentare. Ed effettivamente, mentre Muraca snocciolava impietoso i numeri della crisi del Catanzaro, nulla lasciava pensare ad un epilogo differente. Per il presidente del collegio sindacale, almeno una milionata di euro, tra frizzi e lazzi, si rende necessaria se si vuole sanare la situazione attuale e garantire una continuità nella prossima stagione. Tra le righe si leggeva anche una sorta di auto-condanna: servono soldi per i contributi evasi, soldi per le scadenze fiscali non rispettate, soldi per la ricapitalizzazione, soldi per gli stipendi dei giocatori, soldi per i fornitori. Non della stagione 1944-45, ma di quella in corso. Anche l’ammissione sulla valutazione errata dei proventi del botteghino e sulle presenze allo stadio facevano presagire un’uscita di scena.
E invece nulla di tutto ciò. Sconfessando sé stesso per quanto riferito a destra e a manca durante la settimana, sconfessando la Rai regionale che aveva dato la notizia di primo mattino, e sconfessando pure la logica comune, il presidente Aiello non ha affatto annunciato di voler consegnare il Catanzaro al sindaco. Anzi, al primo cittadino il presidente senza portafoglio ha pensato bene di imporre un risibile “aut aut” al grido di “convenzione o morte”. Salvo poi virare verso l’ennesima richiesta di contributo (in quanti modi può essere declinata la parola “elemosina”?) alle solite istituzioni.
Ma il vero colpo di teatro, l’erede di Nicola Ceravolo l’ha riservato al momento più convulso della conferenza stampa, dichiarando che i soldi necessari in fondo li avrebbe, ma che “tenendo famiglia” non intende utilizzarli per assicurare un futuro immediato al Catanzaro.
Chiariamolo subito: il credito di cui il presidente Aiello ha goduto è tutto basato sui risultati del campo e su una presunzione di onestà e correttezza finora mai messa in discussione. A questo punto però, fallito il tentativo di coinvolgere altri imprenditori nel suo progetto, e riconosciuta l’impossibilità di mantenere una società di calcio con i soli incassi del botteghino (siamo davvero all’ abc della gestione aziendale), al tifosissimo di Cuneo non resta che ritornare sui suoi passi, consegnando immediatamente la società nelle mani del sindaco. Sindaco che, dopo il discusso contributo dell’estate 2009 non ha altri obblighi, se non quello di attivare un’opera continua di moral suasion verso quei soggetti che unanimemente in città sono riconosciuti come i soli in grado di ottemperare all’unico impegno sottoscritto da Aiello e dallo stesso miseramente mancato: “mai più umiliazioni”. Almeno fino alla prossima conferenza stampa.
Ivan Pugliese & Fabrizio Scarfone