(un ringraziamento speciale a marko per l’immagine che ha ispirato il pezzo)
«Non si accorgono, i protagonisti al volante, che le micro contestazioni, le petizioni popolari, i coraggiosi sit-in della canicola, le “turbative”, per dirla con parole loro, sono gli unici appigli rimasti prima del silenzio». Così scriveva poco più di un anno fa, in tempi di “diserzioni per esistere”. Oggi ci risiamo. Un remake tutto catanzarese, in scena puntualmente ogni estate, a cavallo tra una stagione e l’altra, tanto da diventare una soap opera destinata a durare all’infinito. Una Babele giallorossa, sempre con gli stessi attori protagonisti.
GLI ATTORI – Una “società assente” (cit. Gaetano Auteri, 01/07/2010) che rimane aggrappata al timone con acrobazie contabili, ricapitalizzazioni artificiali, oboli pubblici e privati. Un allenatore e dei giocatori che tutti gli anni passano, giocano e non sono pagati, vengono innalzati ad eroi o sputati nella polvere in base al risultato di una partita. Una sorta di blocco di potere che cerca di influenzare scelte, di condizionare la vita societaria, di mettere il naso nelle scelte tecniche, di scoraggiare chiunque abbia voglia di fare calcio seriamente. Una classe politica che vede nel Catanzaro una sorta di Giano bifronte: vetrina e passerella da cui ottenere visibilità e consenso nei (pochi) momenti felici; cerino acceso da scaricare al primo fumatore incallito nei (troppi) momenti bui. Una tifoseria passionale che disperatamente continua a pretendere un futuro migliore rispetto a un presente di mediocrità e inettitudine.
“SOCIETÀ ASSENTE” – Le parole di Auteri e Pitino sulla società non hanno scosso più di tanto l’ambiente giallorosso. Probabilmente sono arrivate troppo tardi. O forse c’è una sorta di assuefazione. Il fallimento di questa gestione non è tanto nei risultati (una finale e una semifinale play-off), quanto nell’incapacità palese di tenere in piedi una parvenza di società. Il continuo ricorso agli oboli dei mecenati di turno dovrebbe essere umiliante. L’utilizzo ripetuto e salvifico del capezzolo pubblico è vergognoso. L’appello di marzo alle istituzioni per salvare il salvabile di uno splendido campionato è un’ammissione di sconfitta. Senza aiuti esterni, questo Catanzaro non sarebbe mai nato (colletta di luglio 2009), non avrebbe superato lo scoglio di gennaio (obolo Sia-Riccelli), non avrebbe giocato le ultime partite (colletta di aprile), non sarebbe neanche partito per Roma per giocare la finale con la Cisco (trasferta pagata dalle istituzioni). Perché Aiello, Bove e Soluri continuano ad essere padroni del Catanzaro?
CLASSE POLITICA – In questa situazione paradossale, le istituzioni e i politici sono diventati attori protagonisti. Per la verità lo erano già stati nel 2006, quando la sciagurata decisione del sindaco Olivo di affidare il Lodo Petrucci al senatore Pittelli segnò l’interruzione di gravidanza del nascituro FC. Il sindaco ha tentato in questi anni di rimediare sommergendo di denaro pubblico il Catanzaro con sponsorizzazioni, manutenzione stadio e fondi per la ristrutturazione del “Ceravolo”. Olivo ha salvato il Catanzaro più volte, rischiando in questi giorni l’ultimo scorcio di carriera politica con un’operazione spregiudicata. L’ingresso della politica nell’Effeccì si è concretizzata sotto lo stretto mantello della “Tribuna Gianna”. Il pubblico in una società di capitali: una contraddizione potenzialmente (visti i precedenti) dannosissima. Tutto questo per evitare il fallimento del “glorioso” Catanzaro, quando tante altre realtà, anche più blasonate si sono rassegnate, in passato e anche in questi giorni, all’assenza di imprenditori disposti a investire. Si sono scomodate tutte le istituzioni calabresi, dall’ultimo dei consiglieri comunali fino al Governatore Scopelliti per arrivare al 3 luglio con Aiello, Bove e Soluri ancora al timone della società. Un risultato fantastico, non c’è che dire.
BLOCCO DI POTERE – Una laccio soffocante stringe questa squadra impedendole di essere normale. Di giocarsi i campionati sul campo e di farci parlare di calcio. Un blocco di potere fatto di piccoli e grandi interessi, di tante invidie e gelosie, di accordi sottobanco e meschinità varie. 3000 tifosi a Roma contano zero. Meglio 10 tifosi che contano, che influenzano la vita societaria, che scelgono tecnici e consigliano direttori sportivi. Con il supporto o il fiancheggiamento di alcuni operatori dell’informazione, di qualche politico interessato e di imprenditori che preferiscono elargire contributi una tantum, piuttosto che assumersi le responsabilità di guidare una società. È mai possibile che il Catanzaro non possa avere un padrone? È mai possibile che a Catanzaro non ci sia una proprietà che sia proprietaria, una tifoseria che tifi, un allenatore che alleni, dei giocatori che giochino (sempre, fino all’ultimo secondo dell’ultima partita della stagione)? Dovrebbe essere normale. Non qui.
ALLENATORE E GIOCATORI – C’è qualcuno ogni anno che lascia la Babele giallorossa. Di solito è l’allenatore che fugge per primo, senza lasciare traccia o regalando una scia di lacrime e di stilettate velenose. Domenicali, Provenza, Auteri: persone giuste nel posto sbagliato. E sono solo gli ultimi esempi di una lista che comprende altri tecnici dell’US, defenestrati dalle gestioni precedenti fino a quella Poggi-Parente. Sì, proprio i due del fallimento 2006 che qualcuno tra gli attori rivorrebbe spudoratamente in cabina di regia. Idem con patate i giocatori. Tutti, da Alderuccio a Zurlo. Che diventano eroi per poco, salvo poi passare per venduti e ricevere croci in omaggio. E a fine stagione vanno a cercare fortuna altrove, dove magari diventano campioni lasciando rimpianti.
TIFOSERIA PASSIONALE – In mezzo a tutto questa confusione, la tifoseria. O quel che ne rimane, viste le pesanti defezioni degli ultimi giorni. L’unico segnale di vitalità, le uniche interferenze, le uniche “turbative” vengono da questi frammenti di tifoseria sana, vera, presente nei momenti di difficoltà. Quelle 100-200 persone che in questi giorni vivono al fianco del Catanzaro, che portano i bambini in piazza, che pretendono un futuro migliore, sono l’avanguardia di un popolo. Di quei 3000 di Roma che soffrono, s’incazzano, gioiscono attraverso le piazze, i siti, i ricordi. Una passione sotto traccia che continua ad alimentare un passato sempre più lontano e sfocato. È una componente importante che non può e non deve intrufolarsi in trattative che si giocano su tavoli diversi, ma è essenziale per presenziare, testimoniare, disturbare i manovratori.
Forse è il momento che tutti gli attori protagonisti della Babele giallorossa facciano un passo indietro e ci consentano di avere una proprietà vera. Che chiuda le porte delle sede a chiunque manchi dei requisiti minimi per entrarci. Che vada dritta per la sua strada senza guardare in faccia nessuno. Che ci restituisca il respiro, magari un sorriso e la voglia di riempire, dopo la lasagna di mezzogiorno, i seggiolini giallorossi del vecchio Militare.