Una delle cose che ho sempre temuto maggiormente è la retorica. Per questo non amo parlare, né tantomeno scrivere, delle persone care che non ci sono più. Mi sembra quasi inevitabile, in questi casi, abbandonarsi ai ricordi e lasciarsi vincere dalla malinconia e, appunto, dalla retorica.
Perché allora ho deciso di scrivere un piccolo intervento in occasione di quello che sarebbe stato il trentacinquesimo compleanno di Massimo Capraro? Potrei rispondere, perché me lo hanno chiesto. Me lo hanno chiesto degli amici, che spendono tempo e passione per fornici delle informazioni di buona qualità sul Catanzaro. E in parte è così, ma è altrettanto chiaro che avrei potuto dire di no, inventare una scusa, tirarmi indietro.
La verità è che è passato tanto tempo. E’ passato tanto tempo dal Catanzaro in Serie A, è passato tanto tempo dal Catanzaro in Serie B, è passato tanto tempo da Massimo Capraro ed è passato tanto tempo dagli anni che ho vissuto a Catanzaro. E scrivere serve a non perdere la memoria di quello che è stato.
La verità è che quando te ne vai non puoi sapere che è per sempre. Prendi un treno, e poi una casa, metti qualche centinaio di chilometri tra te e la tua vita e ti lasci dietro i volti delle persone con cui sei cresciuto, i luoghi in cui hai consumato le ore, i colori e gli odori di una piazza e di una curva e pensi che tanto ci sarà sempre tempo e ti ritrovi ad immaginare le cose e gli amici pensando che tutto resterà sempre uguale e invece alcune cose e alcune persone non tornano mai più.
La verità è che per tanti anni il Catanzaro mi ha aiutato ad annullare il tempo e le distanze. La domenica alla radio, finanche la domenica davanti al Televideo, mi riportavano per qualche ora nella mia città e nel mio stadio, mi facevano rivivere emozioni e sogni, mi aiutavano a non perdere un pezzettino della mia vita. E ogni trasferta mi permetteva di rivedere il mio Catanzaro e di abbracciare degli amici. Massimo Capraro era uno di questi. Uno dei tanti che era rimasto lì, al suo posto; in curva come nelle stradine ventose e ripide della nostra città viveva e tifava anche per tutti quelli che come me stavano da qualche altra parte del mondo.
La verità è che era un mio amico. Non un eroe e nemmeno una bandiera. Almeno per me, semplicemente un amico. Un’amicizia nata con il Catanzaro e cresciuta tra striscioni e fumogeni, tra bandiere e trasferte. Era uno di quelli che mi hanno portato allo stadio, che mi hanno mostrato un mondo e che mi hanno accompagnato per un pezzo di strada. E dopo è stato uno di quelli che cercavo nelle curve degli stadi italiani, uno di quelli che c’era sempre, uno di quelli a cui chiedere della squadra, della curva, ma anche delle persone, degli amici. Della vita, insomma. Perché era uno di quelli che metteva la propria passione e la propria energia in tutte le cose che faceva e in tutto quello che faceva ci portava dentro il Catanzaro.
E ora, da qualche anno, in tanti hanno deciso di portare lui dovunque vada il Catanzaro. Ed è una di quelle molte cose che rende il Catanzaro qualcosa di diverso da una semplice squadra di calcio. In questo legame si rinnova quel vincolo che unisce il giallo e il rosso di una maglia ai sentimenti più profondi e più puri di una città. Per Massimo Capraro il Catanzaro era molto di più di undici, o dodici, o tredici giocatori. E se oggi in questo “qualcosa di più” in tanti ci vediamo anche il suo volto e la sua voce, ebbene ecco un altro, uno dei tanti, motivi per non rassegnarci mai a questa triste mediocrità a cui il Catanzaro sembra condannato. Ci meritiamo di più. Ci meritiamo altre categorie, altri sogni e un altro futuro. Così come il nome di Massimo Capraro merita di essere gridato e cantato in ben altri stadi. Ognuno faccia la sua parte allora, ognuno di noi abbia rispetto dei propri ricordi e dei propri sogni.
Lo so che questo non è un articolo su Massimo Capraro. Mancano gli episodi, gli aneddoti, le sue parole. Ma, appunto, questo vuole essere un articolo per Massimo Capraro. Perché se è vero, come dice uno scrittore spagnolo, che il calcio è l’infanzia vissuta da grandi, ebbene nella mia infanzia c’è il Catanzaro che fa tre gol al Milan e Massimo Capraro che sventola un bandiera. E non mi rassegnerò mai a fare a meno delle cose della mia infanzia. E non mi permetterò mai di dimenticarle.
Nicola Fiorita