La Corte d’appello di Catanzaro ha ordinato oggi la sospensione, per incapacità processuale dell’imputato, del giudizio a carico di P. T., 80enne catanzarese, ginecologo, imputato per “atti sessuali con minori infraquattordicenni” a danno di quattro parti offese, induzione alla prostituzione nei confronti di altri due minori di età compresa fra 14 e 16 anni; tentata induzione alla prostituzione per un settimo minore.
I giudici, preso atto dell’esito della perizia disposta sull’imputato, hanno così accolto la richiesta dei difensori del medico, gli avvocati Enzo Ioppoli e Pasquale Bartolo, avanzata alla scorsa udienza quando è iniziato il processo di secondo grado. Si tratta, in particolare, delprocesso d’appello bis per l’ex primario dopo che la Corte di cassazione, il 12 giugno scorso, ha annullato con rinvio la sentenza con cui, il 28 novembre precedente, la Corte d’appello di Catanzaro aveva completamente assolto il medico.
Il Giudice supremo ha in tal senso accolto il ricorso della Procura generale di Catanzaro che, nella persona del sostituto procuratore generale, Raffaela Sforza, ha impugnato la prima decisione del Collegio di secondo grado. La Corte d’appello, a novembre 2012, aveva ribaltato la sentenza emessa in primo grado, il 5 ottobre del 2010, dal Tribunale collegiale che condannò l’imputato a sette anni di reclusione ed al risarcimento del danno alle parti civili – rappresentate dagli avvocatiValerio Murgano, Pasqualino Ledonne, Enzo De Caro e Antonio Rania -, dopo aver modificato il primo e più grave capo d’accusa, che inizialmente era “violenza sessuale aggravata perché compiuta nei confronti di minori di 14 anni e atti sessuali con minorenni”, riformulandolo in quello sanzionato meno gravemente di soli “atti sessuali con minori infraquattordicenni“, ed aver concesso all’imputato le attenuanti generiche – così che la pena inflitta risultò molto più bassa di quella chiesta dal pubblico ministero, che aveva sollecitato 16 anni di reclusione.
Molto tempo prima, e precisamente il 16 gennaio del 2004, il dottore finì in arresto, fra lo sconcerto di una città che conosceva il medico come uno stimato professionista.
Ad arrestarlo furono gli uomini della Squadra mobile della Questura, che diedero esecuzione ad un provvedimento di fermo emesso dal pubblico ministero che poi non fu convalidato dal gip, il quale non ravvisò il pericolo di fuga, ma sottopose comunque l’indagato agli arresti domiciliari (il giudice revocò la misura il 19 maggio seguente). Le indagini partirono a seguito di un esposto, che indusse i poliziotti a sorvegliare il medico, raccogliendo elementi ritenuti significativi alla verifica della denuncia contro di lui. Questi, invece, si è fin da subito detto completamente innocente. (AGI)