Sarà la Corte d’assise d’appello di Catanzaro a scrivere il secondo capitolo della vicenda giudiziaria di tre dei cinque imputati maggiorenni accusati dell’omicidio pluriaggravato di Nicola Duro, idraulico incensurato di 26 anni, ucciso a Catanzaro il 17 giugno 2010, davanti un bar di viale Isonzo, nella zona sud del capoluogo. Gli avvocati Salvatore Staiano e Antonio Ludovico hanno infatti impugnato la sentenza emessa in primo grado dal giudice dell’udienza preliminare Tiziana Macrì, con la quale Donato Passalacqua, 41 anni, ritenuto uno dei capi carismatici degli zingari di viale Isonzo, a Catanzaro, accusato di essere il mandante dell’omicidio, la moglie di quest’ultimo Ornella Bevilacqua, e loro figlio Antonio Passalacqua sono stati condannati a trenta anni di reclusione. I penalisti insistono sulla totale innocenza di Donato Passalacqua e di Ornella Bevilacqua, chiedendo inoltre una ridereminazione della pena per Antonio Passalacqua, che ha ammesso di aver fatto fuoco contro Duro. Nei motivi d’appello i legali lamentano un’ errata ricostruzione di quanto avvenne, criticando il fatto che il giudice si sarebbe basata troppo sulle dichiarazioni della compagna della vittima, Brunella Aloisio, che invece la difesa ritiene contraddittorie. Gli avvocati contestano poi l’elemento psicologico che secondo il gup ha contraddistinto la condotta di Antonio Passalacqua – “l’intensità’ del dolo e’ massima” ha scritto il giudice Macrì nelle sue motivazioni – , sottolineando che la ricostruzione della sparatoria avrebbe dimostrato che tutti e cinque i colpi furono sparati dall’alto verso il basso e che dunque chi fece fuoco avrebbe voluto solo ferire Duro, colpendolo alle gambe, ma non ucciderlo. E lo stesso movente dell’agguato, quello di voler punire Duro per aver contribuito alla relazione adultera della sorella di Antonio Psasalacqua, non evidenzierebbe secondo gli avvocati la volontà omicida di quest’ultimo, ma solo la volontà di rispondere alla “profonda vergogna ed umiliazione” con cui quanto era accaduto alla sorella dell’imputato e’ stato percepito secondo i costumi e le regole della comunità rom, per “eliminare la disonorevole etichetta affibbiata all’intera famiglia”.
Infine, i legali parlano di errata applicazione delle aggravanti, perché non è a loro dire possibile parlare di premeditazione dal momento che Antonio Passalacqua non avrebbe voluto uccidere, ma solo gambizzare Duro, nè di motivi abietti o futili, dal momento che non si può trascurare il valore dell’aspetto culturale legato allo stile di vita rom. Gli avvocati concludono chiedendo la concessione ad Antonio Passalacqua delle attenuanti generiche. La sentenza di primo grado che e’ stata impugnata risale al 19 novembre scorso quando il gup, al termine dei giudizi abbreviati, emise tre condanne a trenta anni di reclusione – i riti alternativi evitarono a padre, madre e figlio l’ergastolo -, due a sedici anni – a Samuele Pezzano, 21 anni, che secondo l’accusa avrebbe accompagnato con l’auto e poi atteso il killer sul luogo in cui Duro e’ stato ucciso, e Domenico Romagnino, che assieme al minorenne M. P., avrebbe attirato la vittima sul luogo dell’agguato su precisa richiesta di Donato Passalacqua per una ricompensa di 600 euro -, e dispose cospicue provvisionali alle parti civili e la cattura immediata dell’unica imputata in libertà, cioè Ornella Bevilacqua. Gli imputati finirono in carcere nell’ambito dell’operazione “Cross revenge”, scattata ad opera della Squadra mobile all’alba del 3 luglio per l’esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta del sostituto procuratore Simona Rossi. Secondo la pubblica accusa Nicola Duro e’ stato ucciso per una vendetta trasversale, ideata da una famiglia rom di Catanzaro, per lavare l’onta di una relazione extraconiugale della figlia, rimasta incinta di un minorenne con il quale avrebbe avuto una storia nonostante fosse sposata con un altro. I suoi parenti – cioè i familiari di Donato Passalacqua, padre della ragazzina rom rimasta incinta dopo la relazione extraconiugale -, sempre stando all’ipotesi degli inquirenti, avrebbero deciso di vendicarsi colpendo a morte il fidanzato di una zia del ragazzino padre del figlio illegittimo, anche lei incinta e prossima al matrimonio, e cioè proprio Nicola Duro. Per l’omicidio è stato imputato anche un minorenne, già giudicato e condannato a 12 anni di reclusione in primo grado il 9 febbraio 2011, poi ridotti a 10 anni in appello il 26 settembre scorso.
(AGI)