Il Rompicalcio

Oltre i risultati

Scritto da Redazione
Cerchiamo di capire perché il Catanzaro sembra impazzito. Una soluzione d’emergenza è stata promossa a “sistema”: è forse questo il vero, grande problema dei giallorossi?

Ho visto e rivisto la partita col Frosinone. Ho ascoltato e riascoltato la conferenza stampa post-partita. Ho cercato nei 90 minuti in campo e nel “terzo tempo” finale qualcosa di positivo, qualcosa a cui appigliarsi per capire se il Catanzaro può superare il momento difficile che sta vivendo in queste ore. Non ci sono riuscito.

Ho visto la partita e ho cercato di capire perché, dalla mezzora del primo tempo in poi, quelli del Frosinone corressero il triplo dei nostri. Ho cercato di capire perché, dopo 45 minuti tutto sommato decorosi, Cozza abbia deciso di giocare con Masini e Fioretti, più Russotto, D’Agostino e Fiore, esponendo ad una figuraccia la retroguardia giallorossa, già priva dei due uomini più esperti (Sirignano e Borghetti). Ho cercato di capire perché Cozza continui a schierare Masini e Fioretti insieme nonostante abbia detto più o meno chiaramente che i due non possono coesistere. Ho cercato di capire perché Masini e Fioretti non si passino la palla e perché Russotto batta i pugni per terra, arrabbiato con il mondo. Ho cercato di capire perché Fiore debba fare il terzino se non lo è mai stato in carriera. Ho cercato un uomo di personalità tra i nostri 11 giallorossi che potesse prendere per mano la squadra. Ho cercato di capire se tra i calciatori assenti e quelli messi da parte ci fosse una chiave per dare una svolta alla stagione. 

Ho cercato insomma di capire se questo gruppo di giocatori è così scarso da imbarcare figuracce contro chiunque, oppure se Cozza non ha più in mano la squadra. Perché una terza via non credo esista, a meno di non finire anche noi sul lettino dello psicanalista.

Poi ho ascoltato la conferenza stampa e ho cercato di capire perché Cozza e Cosentino abbiano lasciato la squadra, quasi da sola, sul banco degli imputati. Ho cercato di capire quanto è ancora solido il connubio Cozza-Cosentino, visto che in altre piazze ci sarebbe stato l’esonero (se non le dimissioni) per molto meno. Ho cercato di capire se il matrimonio Cozza-Cosentino sia dettato solo da stima reciproca, incondizionata fiducia e affetto quasi filiale, oppure non pesi sulle scelte del presidente anche il famoso contratto triennale stipulato dall’allenatore, magari a cifre importanti. 

Ho cercato pure di capire chi fossero “quelli che non sudano la maglietta”, “quelli del secondo tempo” dati in pasto a stampa e tifosi. Ho cercato di capire perché i “cattivi” siano sempre i giornalisti catanzaresi, colpevoli addirittura di fare domande. Ho cercato di capire perché se il Catanzaro dovesse andare in serie A anche i giornalisti e i tifosi diventerebbero “da serie A”. Ho cercato di capire perché l’espressione “direttore sportivo” debba diventare per forza sinonimo di lestofante quando tutte le squadre professionistiche ne hanno uno. Ho cercato di capire perché ad una domanda sull’arrivo di Pagni o un eventuale direttore sportivo, abbia risposto l’allenatore e non il presidente. Ho cercato di capire se il ritiro di Norcia lo abbia deciso l’allenatore o il presidente. Ho cercato di capire perché ci sono i tifosi buoni e quelli cattivi quando in 9 partite non è volato neanche un fischio né in allenamento né a fine partita. Ho cercato di capire perché ci si lamenta sempre dello scarso pubblico e poi si invitano i tifosi che si sono avvicinati con la promozione dello scorso anno a starsene a casa, colpevoli addirittura di essere arrabbiati per una squadra che ha preso 13 gol nelle ultima 4 partite.

Ho conosciuto il presidente Cosentino meno di un anno e mezzo fa in un caldo pomeriggio romano davanti alla sede della Federcalcio. Aveva in mano una valigetta con dentro una fideiussione che restituiva fiato e speranza a una città intera, ad una tifoseria umiliata da anni di pressapochismo, improvvisazione e, spesso, malafede. Quel giorno il presidente mi disse più o meno questo: «Non sono venuto a Catanzaro per buttare soldi. Sono un imprenditore e voglio costruire una società solida con basi imprenditoriali. Se i miei collaboratori lavorano bene li gratificherò come faccio nella mia azienda. Se non lavorano bene li caccerò». In quella situazione d’emergenza, Cozza e Cosentino fecero un miracolo. Con una squadra costruita in ritardo e una società alle prime armi. Oggi, dopo quasi un anno e mezzo, la fase dell’emergenza è finita da un pezzo. Alcuni collaboratori sono andati via o sono stati cacciati (il confine è sempre labile). Ma non sono stati rimpiazzati. Si fatica ancora a trovare brandelli di normalità in una società che si regge sulla diarchia Cosentino-Cozza, in cui il mister ricopre tante funzioni, da quella di allenatore a quella di consigliere del presidente, e non solo sul piano tecnico. Scelta dei calciatori in fase di mercato, disposizione in campo della squadra, selezione delle strutture per allenarsi, scuole calcio per il settore giovanile, rapporti con la stampa. Un contributo prezioso, da uomo di calcio vero, quello di Cozza. Ma tutte le grandi aziende e le grandi società di calcio si reggono su una precisa distinzione di ruoli, su una serie di professionalità che contribuiscono, mattone dopo mattone, alla crescita della società stessa. Altrimenti si resta una bottega di bravi (o meno bravi) artigiani e ci si scontra con realtà con le quali non è possibile competere. 

Serie B in tre anni” è solo un titolo o poco più. Un vero progetto imprenditoriale di ampio respiro non è legato a un singolo collaboratore, all’esonero di un allenatore, all’acquisto di altri due-tre calciatori. Servono anche tante leve che si continua – sbagliando – a considerare secondarie, soprattutto in piccole realtà di provincia come la nostra. Ci si lamenta sempre delle presenze allo stadio e dei mancati introiti, a fronte dei tanti investimenti. Evidentemente gli investimenti sono sbagliati. Forse era meglio piazzare un po’ di prevendite in giro per la provincia (legarsi a un circuito per la biglietteria on line) per avvicinare ancora di più i tifosi, piuttosto che acquistare Carbonaro. Forse era meglio investire su un serio piano di marketing, sfruttando la fame di calcio e di Catanzaro dei tifosi giallorossi sparsi per il mondo, anziché prendere D’Alessandro. Forse sarebbe meglio iniziare a pensare di progettare un nuovo stadio, piuttosto che lamentarsi della (ahimè conclamata) inettitudine della classe politica catanzarese e aumentare il prezzo dei biglietti.

Ci sarebbero tante altre cose ma Cosentino, da imprenditore, sicuramente le conosce meglio di noi. Potevano essere fatte quando le cose andavano bene, quando le difficoltà sembravano lontane, quando c’era credito illimitato da parte della tifoseria. Oggi è più difficile, perché i risultati del campo non arrivano e ci si sente sotto assedio. Ma Cosentino deve iniziare a farlo. Per tutelare i suoi stessi investimenti, per ridare slancio a un progetto imprenditoriale vero. L’unica leva su cui potrà contare certamente è l’immensa passione di questa tifoseria che ci sarà sempre, come ha dimostrato a Pisa. Proprio per questo, però, non va umiliata

Ho cercato di capire un po’ di cose. Forse non ci sono riuscito. E comunque domenica sarò a Perugia.

Ivan Pugliese

@naracauliz

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