Esattamente vent’anni fa crollava il muro di Berlino, simbolo nefasto di quella cortina di ferro che ha diviso i popoli d’Europa e, ancora più tristemente, ha diviso al suo interno una nazione ed una città. Il 9 novembre del 1989 quel muro alto quasi quattro metri è stato abbattuto da una ventata di democrazia spirata ed ispirata da una sorta di ossimoro della storia grazie al quale chi è riuscito a resistere alle dittature costruendo silenziosamente la voglia di libertà, mattone dopo mattone, è poi riuscito a demolire, sempre mattone dopo mattone, il muro della vergogna fatto non solo di pietre e cemento ma di steccati ideologici. Karol Wojtyla è stato probabilmente l’artefice che meglio ha instillato il desiderio della libertà sin dai tempi in cui appoggiò Solidarnosc a Danzica, con ciò consacrando il declino comunista.
Oggi tutti gli amanti della libertà, non solo a Berlino, dovrebbero gioire. Quel muro è stato il paradigma del male e al tempo stesso un insegnamento valido per sempre e a tutte le latitudini, giacché in ogni luogo purtroppo sono esistite e tuttora permangono barriere fra gli uomini. Se pensiamo ad esempio che in questi giorni è stata bocciata la candidatura di Massimo D’Alema a rappresentante degli Affari Esteri della Unione Europea, in quanto il suo passato comunista viene percepito ancora come un “muro”, allora è facile comprendere quanti ostacoli e quante nuove barriere provengano dall’ideologismo tout court.
Nel desiderio degli uomini di buona volontà alberga sicuramente l’aspirazione ad andare oltre ogni muro. Ma la controparte di questi uomini fa sentire prepotentemente la propria presenza che tende a disunire, a rompere, a dividere, in nome del proprio particolarismo o del proprio interesse egoistico. Sperimentiamo quotidianamente l’innalzamento irresponsabile di muri adatti a proteggere solo il proprio orticello a discapito del bene collettivo: è esperienza comune, nostro malgrado, registrare un’infinità di esempi simili come nel caso della politica più deteriore, quella che tanto a livello locale quanto a livello nazionale o sovranazionale, eccelle solo per autoreferenzialità. L’attuale querelle sulla Scuola Superiore della Magistratura, una vicenda molto dibattuta nella nostra città, è solo un esempio di come la politica politicante sappia innalzare muri per creare divisioni laddove al contrario c’è bisogno di unità. Ma poiché la vicenda sopra menzionata è un’opportunità troppo ghiotta per presentarsi al cospetto degli elettori, magari per l’imminente tornata regionale o, un anno dopo, per quella comunale, ecco spuntare come funghi improbabili vincitori ed altrettanto improbabili eroi virtuosi. Tutti a rivendicare tutto, senza però accorgersi che così facendo innalzano, per l’appunto, un ulteriore muro di cui Catanzaro non ha bisogno. Anzi, sarebbe il caso che il ventennale che oggi tutto il mondo festeggia fosse interpretato dalla nostra piccola classe politica in modo fruttuoso. Basterebbe legittimamente riconoscere i meriti propri senza per questo dover disconoscere quelli altrui. Come ho già affermato in precedenza, la Scuola di Magistratura (se mai Alfano firmerà questo benedetto Decreto) è una vittoria paragonabile ad un puzzle realizzato con le specificità, la costanza e le competenze di diversi soggetti. Negarlo equivale a costruire nella politica locale un altro muro, molto insidioso e assai pernicioso per lo sviluppo della nostra amata città.
Fabio Lagonia
Presidente Movimento Civico “CatanzaroNelCuore”
Muri abbattuti e muri che resistono
COMUNICATO STAMPA DI CNC