SI CHIAMA “i mostri di Catanzaro”. È il gruppo che spontaneamente si è formato sul social network più in voga in questo momento storico, Facebook. Lo scopo che si prefigge, attraverso veri e propri gruppi di discussione, è quello di denunciare le brutture e lo stato di incuria e degrado che imperversa in alcune zone della città, dove le regole sembrano essere un optional. Cittadini comuni fotografano e commentano in tempo reale le quotidiane “brutture” nelle quali si imbattono. Un album fotografico, certo non piacevole, ma che soprattutto tende ad aumentare il proprio archivio giorno per giorno. L’interrogativo è sempre lo stesso, perchè non intervenire laddove le situazioni di degrado sono così evidenti e in alcuni casi facilmente risolvibili? E non si parla delle estreme periferie della città, ma di zone centrali, biglietto da visita per chiunque entra a Catanzaro e, oltre al disordine creato dal traffico, si trova davanti un vero e proprio scempio. Ora la maggior parte di queste segnalazioni potrebbero trovare rapida soluzione, se solo ci fosse qualcuno che si impegna a far rispettare le regole. E’ il caso di tutti quegli esercizi di ortofrutta che “sforano” sul suolo pubblico, esponendo frutta e verdura sulla strada direttamente a contatto con i fumi emanati dalle auto. Questo non solo non rispetta le più elementari norme igieniche, quanto crea un indecoroso spettacolo e volendo anche un pericolo qualora si inciampi, se non nella classica buccia di banana, in un mandarino. Lo stesso dicasi per le pseudo bancarelle, per lo più in materiale tossico, abbadonate in vie limitrofe a quelle centrali. Per non parlare della cattiva abitudine, in periodo elettorale,
di attaccare i manifesti in ogni dove, fuori dagli spazi consentiti.
Ma alla maleducazione di chi “ci prova”, dovrebbe corrispondere la fermezza delle istituzioni che, dopo aver
elevato le dovute multe, provveda a imporre la deaffissione dei manifesti illegali, a carico, almeno di quelli il cui “committente” è ben evidente, del committente stesso. Un pò più complicato, ma non impossibile è risolvere le questioni legate a opere di edilizia scellerate che hanno deturpato negli anni la città. Ecco
dunque che davanti la centralissima chiesa dell’Osservanza, insiste il rudere di una vera e propria “palafitta”, costruita chissà quando e chissà da chi, che fa bruttissima mostra di sè.
Oppure capita che, arrivando in centro, agli occhi di tutti sia evidente un agglomerato urbano stile “arlecchino”, ossia di diversi colori. E ancora, in un momento in cui il futuro della città sembra voler passare
attraverso il recupero della memoria, si lasciano cadenti palazzi che, se ristrutturati, potrebbero diventare
spazi eleganti accoglienti e funzionali. C’è molto più amore per la città nel denunciare casi del genere
che nel far finta di non vedere che il degrado sociale passa anche per l’incuria materiale.
Giulia Zampina