Il Catanzaro è rinato. Li dove si misura l’inflazione, la deflazione e quanti biscotti si consumano a colazione, arriva l’eco del Ceravolo gremito che si affranca dalla schiavitù del calcio moderno. Beh mica tanto gremito, e poi se non era per Cosentino che metteva il cash a quest’ora facevi le trasferte a Nuvola Felice. A proposito di nuvole felici, archiviato il sentitissimo derby di coppa sono rimaste due o tre accozzaglie di cose da dire. Dunque dunque, innanzitutto noi sia-mo il ca-tan-za-ro, l’entusiasmo era palpabile e il pilorcio ha vinto la legge di gravità. Sopraffatti dalla commozione siamo tornati allo stadio (stadio Cosentì, stadio) per gridare, sfogarci e rifarci gli occhi. Con il petto gonfio e l’animo fiero siamo ritornati a tifare. Dovrà essere un rullo compressore, che porteremo in trionfo a fine stagione. Sarà l’anno del pieno riscatto e del salto di categoria. Noi vogliamo vincere! Scaramanzia a parte, quando in tavola servono l’impepata di cozze la parola d’ordine è “sucati”.
E sai che c’è? Quest’anno almeno si avrà qualcosa di nuovo di cui parlare, un motivo in più per scendere, una ragione in più per sentirsi con gli amici i parenti e lagnarsi di quel quasi gol. E l’invidia è tanta che gli spalti del Meazza, dell’Olimpico, del Franchi e del Dallara non potranno lenire il dolore di sentirsi stranieri in terra straniera. Potevamo stupirvi con effetti speciali, ma il senso di appartenenza del tifoso giallorosso vale da solo il prezzo del biglietto. E cosa dovremmo dimostrare ancora? Portiamolo in alto questo Catanzaro, per l’orgoglio nostro e dei nostri padri, per la gioia di chi vive lontano, per chi non arriva a fine mese e per chi ci arriva a modo suo. Il volano della nostra città è sempre stato il Catanzaro. Frammentati e sparpagliati in ogni angolo di paradiso, guardiamo avidamente il tiggì di Vittore ascoltando inni anacronistici. Caro presidente, lei non ha ancora visto niente.
Davide Greco