Il tempo dei baci e degli abbracci è già finito. Poco più di due anni fa il presidente Cosentino arrivò a salvare il Catanzaro dal secondo fallimento. Le foto e le riunioni in Comune si sprecavano, con l’ex sindaco Traversa e la Presidente della Provincia Ferro costantemente al fianco del patron giallorosso per mettere la bandierina sulla promessa mantenuta. Meno di un anno dopo, quel meraviglioso 6 maggio, il Catanzaro con un pareggio casalingo festeggiava il ritorno in C1 per la prima volta sul campo. Quel giorno il Presidente della Regione Scopelliti, amaranto da sempre, venne spacciato per tifosissimo del Catanzaro, per raccogliere applausi al “Ceravolo” nel giorno delle elezioni comunali che avrebbero incoronato Sergio Abramo sindaco della città. Un vero e proprio spot elettorale ricoperto dai fischi di uno stadio in festa, incredulo davanti a una passerella così smaccata.
Del resto , Scopelliti si era sbilanciato promettendo 5 milioni di euro per la ristrutturazione del “Ceravolo”. Palazzina sui distinti, campo B, nuova tribuna stampa, nuovi spogliatoi, campo in sintetico, riqualificazione del piazzale dello stadio e, se restano soldi, magari anche un rattoppo alla copertura della tribuna e, perché no, un avvicinamento delle curve al campo.
Pochi minuti dopo la promozione, il presidente festeggiava con queste parole: «Ora la questione stadio diventa fondamentale […]. Il nostro progetto è ambizioso e perciò ci serve uno stadio pieno e a norma. I nostri politici non si possono permettere di prendere sotto gamba la questione. Io faccio calcio non politica. Devono capire che questo è il momento di avere uno stadio adeguato o non prenderanno neanche un voto in futuro». Un grido d’allarme in un “Ceravolo” pieno di container prefabbricati ad uso spogliatoi, biglietteria, sala stampa. Roba da vergognarsi in una città che di calcio ha sempre vissuto e che ha per simbolo un’aquila (magari quella imperiale di Carlo V) proprio come la sua squadra di calcio.
A fine novembre tutto sembra andare bene. E mentre ci si avvicina alle elezioni suppletive di gennaio, il sindaco Abramo festeggia lo sblocco del finanziamento da parte del CIPE con queste parole: «È doveroso ringraziare il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, che ha mantenuto l’impegno pubblico assunto e che ci consentirà, a partire dalla prossima stagione agonistica (ndr 2013/2014), di offrire all’Us Catanzaro una struttura a norma sotto ogni punto di vista». Ecco, il problema è che a Catanzaro si vota ogni anno. Ma, a dispetto delle promesse elettorali, il “Ceravolo” non sarà pronto né per questa stagione (come da promessa del sindaco Abramo), né molto probabilmente per la prossima, come ha più volte sottolineato il presidente Cosentino.
Insomma, il sindaco Abramo è in grado di farci capire quando il “Ceravolo” sarà pronto? Nel frattempo, come al solito, il Catanzaro non ha un campo dove allenarsi che non sia il manto erboso dello stadio. Il campo B, un campo in sintetico, peraltro di grandezza non regolamentare, resta ancora un disegno su carta e costerà 900.000 euro. Uno sproposito se si pensa che in città e nei dintorni ci sono tante strutture, più o meno abbandonate.
Anche se non ci sono elezioni a stretto giro di posta, è troppo chiedere alle istituzioni (Comune e Provincia) di destinare in esclusiva il campo di Giovino al Catanzaro? La società pagherebbe tutte le spese di manutenzione e i giallorossi (la prima squadra e le giovanili che tanto bene si sono comportate in questa stagione) potrebbero avere finalmente una casa.Insomma, quel grido d’allarme del patron giallorosso è ancora sospeso in aria e galleggia, portato a spesso dal vento dei tre colli. Nel giorno del raduno al Benny Hotel, tra volti nuovi del calciomercato e sorrisi dei reduci della scorsa stagione, il volto del presidente era più scuro che mai. «Le istituzioni sappiamo cosa hanno fatto (tradotto, poco o niente). E dall’imprenditoria ogni giorno ricevo delusioni su delusioni». Oggi Cosentino è solo. Sembra che ci siano grossi problemi di comunicazione telefonica con Palazzo De Nobili, nonostante il presidente abbia sempre il telefonino in mano.
Dopo gli anni degli sperperi di denaro pubblico per salvare una squadra di calcio, è troppo chiedere alle istituzioni di fare il proprio lavoro? Di velocizzare i tempi per la realizzazione delle infrastrutture e di destinare un campo per l’unico simbolo vero di catanzaresità nel mondo?
E aggrapparsi alla tifoseria, caro presidente Cosentino, non basta. Le parole di oggi del patron giallorosso e quelle dell’AD Pecora nel giorno della presentazione della campagna abbonamenti, sono belle e importanti per i sostenitori giallorossi. Dopo aver aspramente criticato i prezzi dello scorso anno, non fatichiamo a riconoscere la giusta direzione imboccata dalla società in questa stagione. Prezzi finalmente abbordabili che arrivano però con un anno di ritardo quando è stato bruciato il serbatoio di entusiasmo di una promozione. I sostenitori giallorossi ci sono e ci saranno sempre. La loro parte la faranno anche quest’anno, in casa e in trasferta. Sappiamo quello di cui sono stati capaci anche nella scorsa stagione, ricca di batoste e umiliazioni. Ma non basta. Non saranno 1500 o 2000 abbonamenti, né 5000 paganti allo stadio a garantire quell’aiuto che il patron giallorosso si aspetta.
I proventi da botteghino sono una voce ormai quasi superflua nei bilanci delle società di calcio. Soprattutto se si continua a ignorare il bacino calabrese, non consentendo ai tifosi sparsi per la regione di acquistare comodamente il biglietto per lo stadio senza doversi sobbarcare un doppio viaggio a Catanzaro. I campionati di Lega Pro sono un pozzo in cui si rischia solo di buttare dei soldi e, se non si raggiunge la serie B (e i diritti televisivi), i ricavi sono molto limitati. Anche la strada del marketing resta poco battuta dalla società. Cosentino ha più volte sottolineato che gli investimenti andranno per la squadra e non per altre figure o altri settori societari. È una scelta. Ma i campionati si possono vincere o perdere. Mentre per ottenere ricavi c’è bisogno di investimenti e professionalità.
Per una società di calcio la comunicazione e il marketing verso i propri tifosi sono fondamentali. Perché sono loro gli unici “clienti” del prodotto, soprattutto in Lega Pro. Non siamo entrati volutamente nella polemica sull’aquila. Ma il simbolo è tutto per una squadra di calcio, come del resto lo stesso presidente Cosentino comprese quando regalò ai tifosi il marchio dell’US. Si può decidere di risparmiare in alcuni settori, ma i simboli sono importanti e un controllo di qualità e di “catanzaresità” su tutto quanto viene prodotto (in Cina, in India, a Verona o a Reggio Calabria) è fondamentale. Per evitare brutte figure. Ma soprattutto per evitare i sorrisetti sarcastici di quella classe politica che magari domani non prenderà nemmeno un voto, ma che intanto ha spento il suo nuovo smartphone.
P.S.: in bocca al lupo a Mister Brevi, al DS Ortoli, ai nuovi ragazzi appena arrivati e ai senatori della squadra. Indossare quella maglia è una responsabilità che però potrà regalarvi tante soddisfazioni.
Ivan Pugliese
@naracauliz