La notte, si sa, porta consiglio. Nel caso di Scopelliti due notti sono bastate per evitare che le sue dimissioni arrivassero lì dove dovevano arrivare, in consiglio regionale.
In perfetta coerenza con quella che ormai è la politica degli “annunci”, infatti, le dimissioni da presidente della Regione Calabria, Scopelliti le ha solo annunciate: davanti alle telecamere della Rai, dalle colonne delCorriere della Sera, in collegamento con SkyTg24. Persino nel corso di quella che doveva essere la sua ultima riunione di giunta regionale.
Agli annunci seguono ora delle blande conferme con distinguo: le dimissioni arriveranno «nella misura in cui…», «subito dopo che….», «in coerenza con le indicazioni della maggioranza se…», «dopo che lo Statuto regionale sarà…».
Chiarito questo, tutti di corsa in aeroporto che c’è un volo che è partito alle 16. Porta a Roma dove il gran consulto con Angelino Alfano (nella sua veste di segretario nazionale del Ncd, in quella di ministro dell’Interno, ovvero in entrambe?) dovrà dipanare la matassa con uno Scopelliti sempre più confuso che ormai interpreta Lucio Battisti (io vorrei… non vorrei… ma se vuoi…).
Ovviamente la Calabria può attendere.
In verità l’unico atto urgente, per evitare un vuoto istituzionale, è non già la “modifica dello Statuto”, come va ripetendo il sempre inattendibile presidente del consiglio regionale Franco Talarico (tanto non c’è nessuno che dai banchi dell’opposizione si incarichi di correggerlo) bensì, la “correzione” dello Statuto nella parte, anzi nell’unica parte, censurata dalla Corte costituzionale. Laddove cioè, aggirando ancora una volta la legge, si è voluto con arroganza mantenere nel numero di 40 i consiglieri regionali, pur sapendo che per le regioni che non superano i due milioni di abitanti, come la Calabria, la legge impone che il consiglio regionale non superi i trenta componenti.
Il resto sono solo tatticismi politici e beghe tra “alleati”. Se Scopelliti vuole le elezioni anticipate e vuole risparmiarsi l’onta di una “sospensione” per effetto della legge Severino si deve dimettere. Se invece vuole che la legislatura vada avanti senza di lui gli è sufficiente riconsegnare le chiavi di Palazzo Alemanni (mega palestra personale inclusa) e dedicarsi agli impegni politici ed a quelli privati. Escludiamo quelli lavorativi visto che un lavoro, che sia autonomo o dipendente, il nostro ex governatore non lo ha mai svolto. Non certo per colpa sua, piuttosto per il fatto di aver sempre e soltanto “lavorato” nelle istituzioni ricoprendo svariate cariche elettive.
Fonte: corrieredellacalabria.it
Autore: Paolo Polllichieni