Per chi è cresciuto a pane e pagina 218 di televideo, l’ennesimo e più che mai squallido campionato di C2 ha il sapore amaro della routine, una spiacevole consuetudine che tra play off persi e qualche ripescaggio, ha fatto tabula rasa di tutto ciò che di buono era stato costruito da una generazione irripetibile di dirigenti e calciatori. I tre lustri trascorsi ai margini del calcio nazionale hanno poi contribuito all’avvento di personaggi in cerca d’autore che a Catanzaro e col Catanzaro hanno messo in mostra il peggio in tema di scelte gestionali, certificando la loro inadeguatezza col fallimento dell’Unione Sportiva e il tracollo finanziario dell’Fc. Il salto di qualità però, avviene nel corso dell’estate che sta per volgere al termine. Sotto il manto nobile del “valore sociale” del Catanzaro il dubbio intreccio tra calcio e politica si concretizza in una cascata di soldi pubblici elargiti sulla scorta dello spauracchio fallimento, diventato realtà all’indomani del sostanziale disimpegno della classe imprenditoriale cittadina.
L’intera operazione sancisce l’ingresso della politica nel Catanzaro, trasformando di fatto la società in una sorta di municipalizzata, con la prospettiva di un ripescaggio e di un cambio di proprietà a mitigare le polemiche e i dubbi. Inizia così l’avventura di “Tribuna Gianna”, l’associazione di scopo che rileva il 46,10 % del pacchetto azionario in rappresentanza di quattro enti istituzionali: Comune, Provincia, Regione e Camera di Commercio. L’egida della neonata associazione, nelle intenzioni, doveva garantire, tramite il suo agire asettico, il salvataggio della società attraverso la ricapitalizzazione, l’iscrizione della squadra al campionato di Seconda Divisione e il successivo traghettamento verso una proprietà seria ed economicamente forte. Soddisfatti i primi due punti, non senza qualche forzatura, la storia del cambio di proprietà assume col passare delle settimane contorni sempre più foschi, tanto da rendere palese il fallimento bipartisan dell’intervento politico nel Catanzaro e altrettanto evidente lo sperpero di denaro pubblico.
Dal 24 giugno 2010 tramite Tribuna Gianna, a fronte di una massa debitoria iniziale di 4,3 milioni, sono confluiti nelle casse dell’Fc circa 600.000 € stanziati dal Comune (350.000 € all’atto della ricapitalizzazione, 250.000 € per anticipo sponsorizzazione e manutenzione stadio), il cui utilizzo è servito per ricapitalizzare (con un esborso di 821.000 €) e saldare alcuni adempimenti necessari all’iscrizione in Lega Pro 2, nello specifico 125.000 € di Iva e 18.000 € per il primo e secondo modello F24. Un’ulteriore fidejussione di 200.000 € viene in seguito coperta dai contributi di singoli imprenditori coinvolti da Tribuna Gianna. A questa somma vanno aggiunti i 300.000 € di Comune e Provincia per favorire l’operazione “mai più umiliati” dell’estate 2009, senza contare poi i 200.000 € reperiti dal tavolo istituzionale dello scorso aprile dopo il secondo sciopero dei calciatori e i 75.000 € della Provincia utilizzati per finanziare la vergognosa trasferta play off di Roma. In totale, nell’arco di 365 giorni, sono andati letteralmente in fumo poco meno di 1,2 milioni di € di contributi pubblici (oltre a tutti gli oboli di imprenditori esterni alla società), con i conti dell’Fc ancora disastrati ed apparsi ai più come una sorta di voracissimo buco nero, nel senso più ampio del termine.
L’analisi impietosa dei numeri lascia il dubbio che qualcuno abbia scambiato il simbolo dell’aquila imperiale con quello della gallina dalle uova d’oro. Ma la realtà impone semplicemente che tutti gli attori di questo disastro in salsa catanzarese non possano sottrarsi al confronto. In che modo? Rendicontando pubblicamente e nel dettaglio come sono stati spesi questi soldi e, soprattutto, come sia possibile che i principali artefici della crisi finanziaria dell’Fc siano ancora saldamente al loro posto e intenti a programmare l’imminente stagione sportiva, sbandierando un complicatissimo risanamento e improbabili operazioni d’immagine dal sicuro effetto boomerang. Il “tirare a campare” in attesa della prossima colletta pubblica non è più una soluzione accettabile e in questo senso la stessa Tribuna Gianna ha un ruolo determinante che va oltre la sua partecipazione asettica alla vita della società. Quel 46,10 % è intriso dei diritti (calpestati) di un’intera comunità che ha pagato di tasca propria i debiti di una società privata. E che ora chiede che venga soddisfatto l’unico elemento davvero imprescindibile per fare chiarezza sull’intera vicenda: assunzione di responsabilità.
Francesco Panza