S’è aperto con la requisitoria del sostituto procuratore generale di Catanzaro Eugenio Facciolla il giudizio d’appello per i sette imputati coinvolti nell’operazione nome in codice “Elettroshock”, che avrebbe consentito di far luce su atroci violenze sessuali e non solo, consumate fra le mura del reparto di psichiatria dell’ospedale lametino ai danni di diverse donne ricoverate.
Il magistrato ha chiesto al collegio di confermare quasi del tutto la sentenza di primo grado, emessa il 23 febbraio scorso dal giudice dell’udienza preliminare di Lamezia Barbara Borelli al termine dei giudizi abbreviati, e più precisamente sei delle sette condanne inflitte. Tutte, cioè, tranne quella a carico di Mirella Trunzo (condannata a quattro mesi), per la quale il pg ha riconosciuto l’esistenza di una causa di non punibilità. Dopo le lunghe arringhe dei legali delle parti civili (solo alcune vittime degli abusi si sono costituite, con gli avvocati Leopoldo Marchese, Bernardo Marasco, Francesco Pagliuso, Gianfranco Barbieri), e dei difensori degli imputati (fra gli avvocati impegnati Francesco Gambardella, Giuseppe Spinelli, Francesco Fodaro, Fabrizio Falvo, Antonio Larussa), nel pomeriggio il processo è stato rinviato al 5 febbraio per eventuali repliche e la sentenza.
Le altre condanne inflitte col rito abbreviato dal Gup sono state: otto anni di reclusione a Domenico Casalinuovo, 55 anni, e sei anni a Giuseppe Francesco Maria Masi, 46 anni, rispettivamente infermiere e medico in servizio nel reparto “incriminato”, accusati di violenze e abusi gravissimi, e quattro anni a Maria Massimo chiamata, nella sua qualità di primario di psichiatria, a rispondere della violazione dell’obbligo d’impedire gli eventi nonostante, secondo l’accusa, avesse anche ricevuto precise denunce in tal senso.
Il Gup, come pene accessorie, ha inflitto a tutti e tre gli imputati l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente la tutela e la curatela. Ai primi due, inoltre, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, che per la Massimo è stata limitata a cinque anni. Da ultimo, i tre imputati sono stati condannati a risarcire il danno alle parti civili cui, in attesa della liquidazione in sede civile, è stata riconosciuta una provvisionale di 5 mila euro ciascuna.
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