Voci, voci, mille e mille voci, quintali di voci che si accavallano, che si inseguono, che si confermano e poi si negano. Nuovi giocatori, nuovi soci, nuovi screzi e nuove smentite come fosse una gara a chi sussurra lâultimo scoop, come se dovessimo parlare in continuazione per non pensare mai alla classifica e al campionato, come se dovessimo ricoprire di rumori il ricordo dellâultima sconfitta. Forse tutte queste voci non sono il motivo della nostra crisi, ma certo ne dimostrano tutta la profondità : come gli spifferi attraversano le case malandate così le voci proliferano quando le società sono deboli, gli obiettivi confusi e le strategie cambiano da un giorno allâaltro.
Di voci quindi viviamo e delle voci tocca occuparsi. Tra le mille indiscrezioni di questi giorni, mi è capitato anche di sentire la notizia, per ora priva di smentita quanto di conferma, di un possibile ritorno di Ferrigno a Catanzaro. Molto ci sarebbe da dire sullâaspetto tecnico di una scelta di questo tipo, e molto ci sarebbe da riflettere sotto altri profili, ma ci sarà tempo fino a dicembre per queste analisi (ove la notizia fosse confermata); per ora mi pare più significativo accostare questa voce ad alcuni eventi che, invece, si sono recentemente concretizzati.
Lâuscita dei soci di minoranza e il ripristino della vecchia formazione societaria (notizia che peraltro si è ancora incerti se catalogare sotto la qualifica di âvoceâ o di âaccadimentoâ) è stata seguita dal rientro di Improta e, successivamente, dal ritorno di mister Guerini. In questo contesto, lâindiscrezione relativa a Ferrigno sembra consolidare lâimpressione di una spasmodica ricerca del passato e di un precipitoso azzeramento del presente.
Se è vero che il presente continua a regalarci amarezze è altrettanto vero che non si può buttare via tutto, senza distinguere il buono dal cattivo, lâutile dal nocivo. Si rischia altrimenti di ripetere la disastrosa operazione dellâanno passato, quando il repulisti generale ordinato a dicembre non solo non produsse alcun risultato immediato ma impedì anche qualsiasi tipo di programmazione per il futuro. A ciò si aggiunga la banale considerazione che non sempre il ritorno al passato può rivelarsi produttivo. Eâ difficile non salutare con un sorriso lâarrivo di Guerini, ma non si può dimenticare che il mister bresciano è inattivo da qualche anno; è ovvio trovare motivi di soddisfazione nella presenza, generalmente fortunata, di Improta ma non si può sottacere che il Baronetto ogni volta che va via da Catanzaro esce precipitosamente dal mondo del calcio; è chiaro che siamo lieti di avere oggi una società più coesa, ma non si può non notare che questa società è oggi economicamente molto più debole di qualche mese fa.
Insomma la mozione degli affetti e, ancor di più, lâesaltazione della catanzaresità (di nascita o acquisita per meriti sul campo) rischia di rivelarsi un boomerang, unâennesima delusione per la tifoseria giallorossa. Eâ proprio la tifoseria a dover tenere gli occhi bene aperti. Se lâistinto e la passione conducono inevitabilmente a concedere nuova fiducia a chi ci ha regalato gioie nel passato o a chi ci è naturalmente più vicino, la ragione ci avverte che non è questa la strada giusta per crescere. Câè un forte odore di serie C in queste scelte, un ridimensionamento strutturale, una rassegnazione alla mediocrità che neanche questi due anni disastrosi possono farci accettare.
Non avremo un futuro migliore saccheggiando il nostro passato o facendo leva unicamente sullâorgoglio di questa città . Per stare nel calcio che conta, per provare ad essere allâaltezza di questa serie B e della nostra tradizione non abbiamo certo bisogno di essere più piccoli (e magari più presuntuosi) ma casomai di essere più umili (e magari, perché no?, un pochino più grandi).
Nicola Fiorita