Sentenza storica del Tar di Catanzaro nella lotta alle discriminazioni e per l’affermazione del principio di pari opportunità per uomini e donne in materia di accesso al lavoro: su ricorso presentato dalla lavoratrice e con l’intervento ad adiuvandum della Consigliera
Regionale di Parità Stella Ciarletta il Tribunale Amministrativo Regionale ha disposto l’annullamento della graduatoria del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di 2 posti come dirigente biologo presso l’Arpacal, nonché dei provvedimenti amministrativi con i quali l’Amministrazione ha escluso la ricorrente dalla prova orale in quanto in stato di gravidanza, violando così un principio costituzionale nonché la normativa in vigore in materia di pari opportunità e contrasto alle discriminazioni di genere, contenuta nel Codice sulle Pari Opportunità tra uomo e donna.
“La sentenza assume un significato strategico, condannando una grave discriminazione operata dalla Commissione nell’escludere la concorrente dal concorso solo perchè in stato di gravidanza. E’ importante ricostruire brevemente i fatti: la dottoressa si iscrive al concorso e, superata la prova scritta, viene ammessa all’orale; la data di convocazione coincide con il periodo del parto e la concorrente chiede di posticipare l’orale a un giorno successivo. La Commissione esclude tale possibilità, ma concede di poter effettuare l’esame lo stesso giorno ma in un’altra sede più vicina alla donna, e malgrado la stessa accetti, suo malgrado, tale proposta, non le viene mai comunicata la sede dell’esame e, ironia della sorte, partorisce proprio il giorno prima. Dopo di che il silenzio dell’Amministrazione, che si interrompe solo con la pubblicazione della graduatoria finale del concorso”.
E’ evidente come la Commissione abbia ignorato le legittime richieste della concorrente, andando in aperto contrasto con i principi costituzionali di parità uomo donna sul lavoro e in particolare del Codice Pari Opportunità laddove vieta, all’art. 27, trattamenti discriminatori nell’accesso al lavoro.
In tal senso, scrive il Tar nel provvedimento “l’applicazione concreta di tali enunciazioni imponeva, nella specie, alla Commissione di consentire alla ricorrente di svolgere la prova orale successivamente al parto e nel rispetto delle condizioni di salute della madre e del bambino”.
“Con la sentenza del Tar – afferma la consigliera regionale di parità Stella Ciarletta – si apre uno squarcio giuridico sul mondo delle discriminazioni in Calabria, che vede un mercato del lavoro ostile e irto d’ostacoli per le donne, tanto nel settore pubblico che privato, laddove in apparenza sembrano essere garantiti eguali diritti e opportunità per lavoratrici e lavoratori, ma in realtà, si perpetrano prassi illegittime e si penalizzano coloro che scelgono l’esperienza della maternità.
L’impegno come consigliera di parità è quello di eliminare i fattori che causano questi fenomeni discriminatori, principalmente dialogando con i datori di lavoro, siano essi pubblici o privati, per spiegare loro che la maternità è un valore aggiunto e non una condizione di svantaggio della lavoratrice madre e per trovare una soluzione condivisa in favore della permanenza della stessa sul posto di lavoro. Ma quando ci si trova di fronte un silenzio immotivato, allora è necessario ricorrere agli strumenti giudiziari per stigmatizzare prassi illegittime, ingiustificate e lesive dei diritti delle donne”.
Giustizia, dunque, è stata fatta e l’Arpacal dovrà entro 30 giorni annullare la graduatoria e permettere alla giovane biologa di sostenere l’esame orale compatibilmente con le poppate del suo bambino, oltre che rimborsarle le spese legali sostenute per presentare il ricorso innanzi al Tar.
“Affinchè non succedano più casi simili, – conclude la Ciarletta – l’Ufficio della Consigliera Regionale di Parità rimane sempre disponibile a collaborare con la Direzione dell’ Agenzia per individuare le criticità che hanno determinato l’increscioso episodio e avviare un percorso condiviso di promozione delle pari opportunità sul posto di lavoro in favore del benessere dei lavoratori e delle lavoratrici.