Il calcio è strano. Un mondo a parte. Un giorno sei lì, in alto, ad un passo dalle stelle. Ma basta un attimo, uno solo, e ti ritrovi a rimestare nel fango.
Mimmo Giampà la conosce bene questa sensazione. Il lato sporco del calcio gli è piombato addosso senza preavviso. Una telefonata alla persona sbagliata nel momento sbagliato. L’inizio del calvario.
Mimmo da Girifalco ha le spalle larghe e il sangue giallorosso. La sua storia la sentiamo nostra perché incarna i valori in cui crediamo. Onestà, caparbietà, sacrificio.
Mimmo è sul serio “uno di noi” e le sue parole sono il mantra da recitare quando la luce si spegne e si resta soli con le domande di sempre, quelle di un tifoso del Catanzaro.
Partiamo dalla fine. A quasi un mese dalla sentenza di assoluzione nella vicenda “Dirty Soccer”, arrivata a fine luglio da parte del Collegio di Garanzia del CONI, come ti senti dopo tutto quello che hai passato?
«Mi sono liberato di un peso perché ritenevo ingiusta questa squalifica. Quando non hai colpe devi essere assolto ed è per questo che sono andato fino alla fine. Era giusto che si facesse chiarezza. Anche se non so se è finita del tutto perché ci potrebbe essere un altro grado».
La cosa che ti ha dato più fastidio di tutta questa vicenda?
«Ero in vacanza con i bambini a Gardaland. Quando è uscita la notizia non ci credevo. Sono rimasto incredulo. Ma in assoluto il pensare che in tanti dicevano che mi vendevo le partite mi ha fatto male. Una cosa impensabile per chi mi conosce e per come vivo il calcio».
Come mai è finita con il Catanzaro?
«Diciamo che mi aspettavo di finire la carriera a Catanzaro ma non ci sono stati i presupposti. I programmi del club erano diversi. Firmerei anche subito ma non voglio fare polemiche».
Con Preiti quindi vi siete parlati?
«Si, ma ho capito di non far parte del progetto messo in piedi».
Sei stato due volte al Catanzaro nell’era Cosentino e per motivi diversi poi ne sei di nuovo uscito. Che cosa manca alla società secondo te per fare il salto di qualità?
«Non voglio entrare nel merito. Posso solo ringraziare la famiglia Cosentino perché mi ha dato la possibilità di giocare a Catanzaro. Era il mio sogno. La ciliegina sulla torta della mia carriera. Ho lasciato Modena e le massime categorie pur di vestire questa maglia. Ho rinunciato al procuratore per realizzare questo desiderio. Ci tengo a ringraziare Francesco Cozza e Angelo Sorace per avermi voluto in squadra nel dicembre del 2011 e Marco Pecora per aver fatto di tutto per riportarmi a Catanzaro dopo due anni e mezzo».
Ti aspettavi l’esonero di Erra?
«Devo essere onesto, me lo aspettavo. Magari non ad agosto ma verso fine novembre».
La prima giornata di campionato ha regalato subito il derby contro il Cosenza.
«Questa non è una partita qualsiasi. Questa è la partita. Gli altri match non contano nulla al confronto della doppia sfida col Cosenza. Sicuramente è particolare il fatto che si giochi alla prima giornata ma anche in altri gironi sono usciti subito dei derby come per esempio Modena-Parma».
Chi vincerà?
«Vincerà chi manterrà i nervi saldi, chi sarà più tranquillo in campo. In queste partite bisogna arrivare carichi ma allo stesso tempo mantenere sempre la lucidità. Il Catanzaro ha cambiato tanto in pochissimo tempo mentre il Cosenza è riuscito a mantenere la sua ossatura prendendo giocatori interessanti».
Un consiglio da dare ai giallorossi?
«Nessuno. Loro sanno che partita li aspetta. Lo sa Grandi e lo sa Patti che erano l’anno scorso con noi».
Quale sarà il tuo futuro?
«Sarà in campo perché merito di chiudere la carriera nel rettangolo verde. A parte una stagione in Interregionale, una in C2 ed un solo campionato di C1, ho sempre giocato in serie B, arrivando a disputare più campionati di serie A. Sono sceso di categoria a 34 anni per amore del giallo e del rosso ma a 39 anni ho ancora voglia lottare, correre e vincere».
Hai ricevuto offerte?
«Ufficialmente si sono fatti avanti sono squadre dell’Interregionale. Ho avuto contatti con società di Lega Pro ma per ora nulla di concreto. Sono senza procuratore e questo non mi aiuta. Il campionato sta per iniziare ma la mia intenzione è quella di chiudere tra i professionisti. Per farlo potrei anche allontanarmi da casa senza la mia famiglia perché per i miei figli è un anno particolare con la scuola. Un sacrificio enorme, considerando che ovunque ho giocato li ho sempre portati con me, ma se dovesse arrivare una proposta concreta, anche a 1000 km di distanza, non mi farò scappare l’occasione».
Capitolo Crotone. Sei arrivato nel ’96, giovanissimo dopo i primi due anni a Catanzaro. Cinque stagioni, con una parentesi a Lucca, intense e vincenti condite da 168 presenze e 6 gol totali.
«I primi tre anni a Crotone ho vinto tre campionati. Sono stati anni bellissimi anche perché quando vinci è sempre bello. Mi hanno accolto alla grande, devo essere onesto. Nonostante le mie origini, i tifosi mi hanno voluto bene perché ho sempre dato il massimo in campo. E lì che sono diventato un giocatore. Ho fatto tanta gavetta perché non avevo il fisico da serie A ma ho sempre avuto la corsa e la forza dalla mia parte. Diciamo che all’epoca ho preso il treno giusto e sono migliorato tanto».
Ti ha sorpreso vederli in serie A?
«Non sono arrivati nella massima serie per caso. C’è grande organizzazione. Hanno un direttore sportivo, Ursino, che è lì da più di vent’anni. Lui ha osservatori in tutte le regioni d’Italia che seguono continuamente calciatori. Lui coordina, decide e non sbaglia mai a prendere un giovane. Questa è l’organizzatore. Tanto di cappello. Tutti devono prendere esempio da questa società così come è stato in passato per il Catanzaro e per la Reggina. I pitagorici hanno creduto nel sogno serie A e ci sono riusciti. Il mio ex compagno Juric si è dimostrato bravissimo ed hanno fatto un qualcosa di straordinario dimostrando che nel calcio non si vince solo con i soldi».
Riusciranno a mantenere la categoria?
«Per la salvezza è dura perché hanno cambiato tanto. Ricordo che a Messina, l’anno della promozione, cambiammo pochissimo e con inserimenti importanti come Zampagna, Donati, Amoruso e poi D’Agostino, riuscimmo a salvarci. Mentre loro hanno perso dei giocatori importanti. La serie A è un’altra cosa perché non ti puoi permettere a differenza della cadetteria, per esempio, di fare una squadra basata sulla qualità in quanto le altre ti sono comunque superiori e se le affronti, giocando a viso aperto, finisce male. Nicola è bravo e con una squadra magari più di gamba, di corsa, potrebbe riuscire a far bene».
Dopo l’esperienza a Crotone, nel 2002 il passaggio alla Ternana. In rossoverde 54 presenze ed 1 gol in serie B. Che ricordi hai?
«Terni è una piazza bellissima, calda. Un periodo straordinario con 15.000 spettatori al “Liberati” ogni domenica».
A Messina sei arrivato nel gennaio del 2004. Subito la promozione in B e poi l’anno dopo l’esordio in serie A.
“È stata l’apice della mia carriera. Il massimo».
Se ti dico 22 settembre del 2004?
«Ti rispondo che abbiamo fatto il miracolo a San Siro contro la squadra più forte d’Europa di cui ti posso dire tutta la formazione (la recita tutta, ndr). Era la terza partita di campionato e noi avevamo già affrontato Parma e Roma. Alla quarta giornata avevamo il Siena in casa. Ecco, noi pensavamo che in quella occasione sarebbe iniziato il nostro campionato. Ed invece pareggiammo a Parma (0-0) e battemmo la Roma in casa. Per questo andammo a Milano tranquilli. Consapevoli che perdere, da matricola, contro i rossoneri ci poteva anche stare. Quando si dice che la testa è tutto! Se la rigiocassimo cento volte perderemmo sempre. Loro erano di un altro pianeta, tutti campioni. Ma quella notte, pur soffrendo, abbiamo giocato a calcio con le nostre possibilità vincendo 2-1 a San Siro per la prima volta nella storia del Messina».
Alla seconda giornata, nel successo interno contro la Roma per 4-3, arrivò il primo gol della tua carriera in serie A. Che cosa hai provato?
«Ero talmente preso dalla partita che non ho avuto il tempo di rendermi conto di quello che avevo appena fatto, aver realizzato gol in serie A».
Poi il 24 ottobre, un mese dopo il successo contro il Milan, c’è stato l’infortunio shock durante la partita contro il Lecce che ti è costato 147 punti alla gamba.
«Una cosa incredibile. È successo l’impossibile, fra l’altro non ne avevo mai parlato. Ancora adesso lo ricordo benissimo. Per non fare male alla persona che stava dietro il cartellone pubblicitario ho raccolto le gambe e così facendo sono andato a battere sulla lama in ferro e poi è successo quello che è successo. Ho avuto paura perché non perdevo sangue ma avevo un taglio talmente profondo (20 cm) che riuscivo a vedere l’osso. Col senno di poi magari con le gambe tese buttavo giù il cartellone. Ma si vede che era destino e doveva andare così. Quell’anno a Messina, prima delle partite, pioveva sempre una decina di minuti e poi usciva il sole. Il campo perciò era duro, bagnato. Abbiamo fatto dieci metri di scivolata con Rullo che non l’ha fatto certamente apposta. Se si fosse trovato davanti sarebbe successo a lui».
Un infortunio che è entrato nella top ten tra i brutti di sempre. Capitò alla settima giornata. Tu sei rientrato in campo prima di gennaio. Come hai fatto?
«Se devo essere onesto non stavo bene. Mi è stato vicino il mister e la società mi ha aiutato molto. Diciamo che sono rientrato in forma dai primi di marzo in poi. Ma ho lavoravo dalle otto alle dieci ore al giorno per recuperare completamente, andavo solo a mangiare».
Quell’anno arrivaste settimi in campionato.
«Il primo anno in serie A è stato veramente particolare dopo il campionato di B vinto. Eravamo un gruppo fantastico. Ci sono stati i giusti rinforzi e si pensava solo partita dopo partita. Personalmente sapevo di dover affrontare ogni domenica gente del calibro di Zambrotta o Cafu tanto per fare due nomi. La nostra forza è stata quella di avere la concentrazione sempre al massimo, l’adrenalina a mille e la consapevolezza di essere inferiori agli altri. Questo ci ha permesso di mettere in difficoltà tutte le grandi. Dalla Lazio alla Roma, l’Udinese, l’Inter e la stessa Juventus, altro squadrone».
L’esperienza con i peloritani come punto più alto. Ascoli invece risulterà essere una scelta azzardata dopo aver rifiutato il trasferimento al Chievo.
«Andare lì è stato il mio unico errore in carriera. È andato via Giampaolo, hanno smantellato la squadra puntando su un gruppo di calciatori che avrebbe fatto fatica anche in B. Ed infatti siamo retrocessi praticamente ad ottobre. Dovevo andare al Chievo. Il mio procuratore e l’allora ds Sartori avevano fatto tutto. Ma quando ho saputo che dovevo fare la riserva a prescindere per sei mesi a Semioli (che poi sarebbe stato ceduto, ndr) ho rifiutato. Perché per me è una cosa che non esiste. Nel calcio deve giocare chi merita, non che tu a prescindere stai in panchina».
A Modena il riscatto.
«Dopo una stagione in B nel 2007-08 con i gialloblu andai a Salerno. Altra piazza fantastica dove si respira calcio. Ma un rapporto complicato con il ds Fabiani mi portò a vivere una situazione strana e cosi pochi mesi dopo andai via. A Modena già mi conoscevano. Loro erano messi male; ultimi in classifica con 17 punti in serie A ed io l’ultimo giorno di mercato sono tornato in Emilia al minimo sindacale più un premio salvezza. E ci siamo salvati, facendo 35 punti nel girone di ritorno. E poi sono rimasto lì prima di ricevere la proposta del Catanzaro a cui non potevo e volevo dire no».
Catanzaro, Crotone, Lucchese, Ternana, Messina, Ascoli, Salernitana, Como, Paganese, Vigor Lamezia. Oltre 600 presenze da professionista. Ovunque sei stato hai lasciato un bel ricordo. Tra i tifosi, tra la gente. Qual è il tuo segreto?
«Quando dai il massimo penso sempre che il tifoso si innamori di te Ho sempre dato tutto. Perché il mio gioco è quello di correre e lottare su e giù per il campo. Magari puoi sbagliare la partita ma il tifoso lo vede se hai dato tutto oppure no. Credo che per questo motivo ho sempre avuto un bel rapporto ovunque sono stato. Ci sono piazze dove si respira calcio 24 ore al giorno, dove devi andare se ami questo mestiere. Dove se vinci una partita ti ritrovi lo stadio pieno ma se perdi devi scappare in ritiro il più lontano possibile. Ovunque sono andato ho sempre raggiunto gli obiettivi anche se sono retrocesso tre volte (Lucca, Crotone, Ascoli, ndr)».
LE 11 DOMANDE SECCHE
Chi è stato il calciatore del Catanzaro che hai sempre ammirato da ragazzo?
«In assoluto Massimiliano Esposito (dal ’90 al ’93 al Catanzaro con 61 presenze ed 8 gol) che giocava centrocampista, esterno destro, nel mio stesso ruolo. Lui ha solo cinque anni in più di me e la cosa bella è che nel corso della carriera ci siamo ritrovati a giocare insieme nella Ternana».
Quando eri piccolo andavi a vedere le partite del Catanzaro?
«Assolutamente. Anzi vi racconto questo aneddoto. Quando ero nelle giovanili giallorosse dovevamo fare i raccattapalle allo stadio durante le partite della prima squadra. E teoricamente lo facevamo tutti a rotazione. Tutti tranne me! Perché puntualmente, ad ogni partita, mi piazzavo dietro la porta e non mi smuovevo da lì. E guai a chi provava a farmelo notare».
Qual è stato l’allenatore più importante della tua carriera?
«Non ne ho avuto uno in particolare. Ma tanti, soprattutto in serie A e in B. Chi per carisma come Papadopulo. Chi perché più bravo a lavorare sul campo come Giampaolo, Maurizi o Cuoghi».
Il calciatore più forte che hai affrontato?
«Senza dubbio Ibrahimovic».
I tuoi idoli calcistici?
«In assoluto dico Roberto Baggio ed Alessandro Del Piero. Campioni assoluti, dentro e fuori il campo. Ho avuto la fortuna di giocarci contro ed è stato fantastico».
Te lo saresti mai immaginato quando hai iniziato a dare i primi calci al pallone che da Girifalco saresti arrivato un giorno a San Siro?
«È un sogno che si è realizzato e che devono avere tutti i bambini che iniziano a giocare a pallone».
Di tutte le partite che hai giocato qual è quella che vorresti rigiocare?
«Ti dico la verità, non c’è nessuna partita che vorrei rigiocare. Sia quando ho vinto che quando ho perso, ho sempre dato il massimo. Più di quello non potevo fare. La più bella sarà la prossima».
Che Lega Pro ti aspetti con questa nuova formula allargata a 60 squadre?
«Sarà un gran bel campionato in tutti e tre i gironi. Anche se il girone B per qualità con Parma, Reggiana, Venezia è una serie B mancate. Il girone A sembra apparecchiato per Alessandria e Livorno mentre il girone C resta difficile a livello ambientale perché vai a giocare in piazze molto calde».
La squadra che ha rifiutato?
«Non è giusto dirlo. In realtà non l’ho neanche rifiutata. Volevano sapere quanto guadagnavo ed io gli ho detto che ero passato a prendere un caffè».
Ho capito. Ma almeno il caffè che ti hanno offerto a Cosenza era buono?
(Mimmo ride. Confermandoci cosi che mai ha pensato neanche per un secondo di indossare la maglia rossoblù, ndr).
Cosa vuoi dire ai tifosi del Catanzaro ed ai lettori di UsCatanzaro.net?
«Voglio dire che i tifosi del Catanzaro sono come me. Non mollano mai. Gli auguro il meglio come sempre e continueremo a tifare nella speranza di poter tornare a festeggiare qualcosa di Bello».
Matteo Pirritano
Un campione d’umiltà
Contro il Cosenza 11 giampà in campo. <br />
Grazie capitano
Grande calabrese
Mimmarè sei un Grande! Sei un vero catanzarese, meritavi molta più considerazione in questa società, purtroppo non lo hanno capito, come non hanno capito tante altre cose! Vai a testa fratello giallorosso, pochi come te…
Alla domanda: Ti ha sorpreso vedere il Crotone in Serie A ?<br />
«Non sono arrivati nella massima serie per caso. C’è grande organizzazione. Hanno un direttore sportivo, Ursino, che è lì da più di vent’anni. Lui ha osservatori in tutte le regioni d’Italia che seguono continuamente calciatori. Lui coordina, decide e non sbaglia mai a prendere un giovane. Questa è l’organizzatore. Tanto di cappello. Tutti devono prendere esempio da questa società così come è stato in passato per il Catanzaro e per la Reggina.<br />
Medita Cosentino, medita.<br />
Sempre che ci sia l’INTENZIONE di salire di categoria. Inizio a pensare alcune cose …..
GRAZIE CHE ESISTI…………………….E PECCATO CHE AL DERBI CON QUALCHE ANNO IN MENO MA GIOCAVI ,COMUNQUE GRANDE UOMO E GRANDE GIOCATORE ,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,UN ABBRACCIO E ONORATO DELLA TUA AMICIZIA FINCHE’ MORTE NON CI SEPARI
Complimenti a Mimmo, grande giocatore di calcio, grande uomo di valori umani. Prendiamo spunto dalla sua intervista per fare una riflessione. Per fare una grande squadra,ci vuole tempo, ci vuole tenacia ed umiltà come ne ha avuto il crotone in tanti anni. Allora cerchiamo di non scoraggiare e far passare la voglia a chi negli ultima anni ha regolarmente iscritto la squadra, pagato fidejussioni e calciatori che di questi tempi è tanto. Non penso che Preiti sia venuto a Catanzaro per svernare poteva ambire ad altre piazze se è qui il motivo forse è che crede in un progetto importante. Allora diamo tempo al tempo, armiamoci di pazienza e se quest’anno non si ottengono risultati sperati cerchiamo di costruire un gruppo di uomini il resto verrà da se.
GRANDE MIMMO. MITICO
Apprezzatissima dichiarazione del presidente, il Catanzaro NON è in vendita, quindi uniti per le aquile e smettiamola, io per primo, di fare polemiche.
Sempre il presidente "non è mai esistita una cordata che abbia fatto una proposta di acquisto " , quindi basta con le cazzate e andiamo avanti sperando che questa diventi la squadra base a cui apportare anno dopo anno solo parziali cambiamenti, forza presidente e forza Gessica