Le modifiche allo Statuto regionale così come sono non convincono il governo. Tanto che il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge con cui è stata modificata la “magna charta” calabrese. I giudici della Consulta saranno chiamati a valutare la legittimità della norma grazie alla quale è stata reintrodotta la figura del “consigliere supplente” ovvero la possibilità che il consigliere regionale nominato assessore lasci lo scranno al primo dei non eletti della sua lista.
Per Palazzo Chigi tale previsione contrasta con gli articoli 67 e 122 (primo comma) della Costituzione. È corsa contro il tempo, invece, per evitare una bocciatura sulla legge elettorale. Il dipartimento degli Affari regionali ha inviato al presidente del consiglio regionale Franco Talarico una missiva per segnalare tutte le criticità del testo approvato a maggioranza lo scorso 3 giugno e i correttivi da apportare. Senza risposte esaustive, cioè senza modifiche alla legge, l’impugnazione sarà automatica e deliberata nel corso del prossimo Consiglio dei ministri in programma il 10 luglio.
L’impugnazione della legge elettorale – per la quale il governo ha fino a 60 giorni di tempo dalla pubblicazione – non ferma comunque l’iter del voto perché «non produce effetti sospensivi» sul testo. E d’altronde a spingere per uno stop c’è pure Palazzo Chigi, convinto ora più che mai – alla vigilia di un sempre più probabile incontro tra lo stesso Renzi e i vertici del Movimento 5 Stelle – che le regole del voto vadano scritte cercando il massimo consenso tra le forze politiche. Non esattamente quello che è successo in Calabria.
corrieredellacalabria