“Quando il cuore senza un pezzo il suo ritmo prenderà
quando l’aria che fa il giro i tuoi polmoni beccherà
quando questa merda intorno sempre merda resterà
riconoscerai l’odore perché questa è la realtà”
L. Ligabue
La fotografia della città dei Tre Colli è lì stampata in tutta la sua nitidezza. Gli ingrati play-off ci rispediscono un’altra cartolina dall’inferno calcistico. Superata la feroce concorrenza del Grande Torino, Catanzaro ne è ormai di fatto la capitale conclamata. Intorno le macerie di un progetto pallonaro mai decollato, l’Effeccì, le cui fondamenta erano così fragili da non poter superare l’impatto con la prima vera scossa emotiva. Dall’illusione di una rinascita sotto nuove insegne al brusco ritorno alla realtà. Il piccolo Pescina va ad iscrivere il proprio nome (nonostante sia incerto) nella black list delle disfatte giallorosse. Proprio sotto a Battipagliese, Benevento, Sora, Acireale. Un albo d’oro che sembra non volersi chiudere mai. Nel nostro microcosmo calcistico da ieri 2-3 non è più Roma-Lecce.LA SCONFITTA SUL CAMPO – Trovare il poco da salvare in una stagione del genere è impresa più semplice di quanto si possa pensare. Sopra a tutto il capolavoro tecnico di un allenatore che ha fatto riparlare di calcio giocato l’ambiente catanzarese. Un girone d’andata spettacolare chiuso con 33 punti, tra solidità difensiva e trame di gioco degne di altri palcoscenici. Il tutto impreziosito dalle chicche balistiche di Caputo. Un gruppo solido costruito da Nicola Provenza, a volte anche con rinunce poco comprensibili a chi rimane fuori dallo spogliatoio, ma sempre coerenti pur in mezzo ad evidenti e riconosciute carenze economiche, gestionali e organizzative. La parabola discendente della squadra, col passare del tempo, è stata lenta ma inesorabile, chissà se aiutata da motivazioni extra-calcistiche. Anche se i 59 punti finali rimangono di gran lunga il miglior bottino degli ultimi 20 anni (Braglia a parte). Quando la stagione finisce per una beffarda deviazione in barriera a 5 minuti dalla fine della partita si può tirare in ballo qualsiasi cosa. Gli errori dei calciatori e dell’allenatore ci possono stare. La dormita di Di Maio sul primo gol e di Mancinelli sul terzo sono evidenti. Così come è stato sbagliato il segnale trasmesso alla squadra da Provenza con l’ingresso di Mangiacasale per Iannelli. Se proprio ci si voleva difendere sarebbe stato preferibile l’ingresso di un altro interditore (Benincasa) al posto di un’ala, con l’avanzamento di Berardi e il mantenimento di due punte. Ma si parla di opinioni ed episodi. Di una o due partite. E con il senno di poi.
LA DISFATTA SOCIETARIA – Quello che invece è sotto gli occhi di tutti, difficilmente opinabile, è il bilancio (non solo i libri contabili) di questi tre anni dal punto di vista organizzativo e gestionale. Lo scempio di questa stagione ha indubbie e profonde radici in quelle precedenti. Dopo solo due anni di vita, questa società si è iscritta last minute grazie al coraggioso soccorso di un grande tifoso, Pasquale Bove. Oggi si parla già del rischio di una mancata iscrizione al prossimo campionato di Seconda Divisione. Ripercorrendo gli ultimi mesi tornano alla mente lo stadio chiuso per l’avvio stagionale, le code ai botteghini per un biglietto, il settore “Distinti” cancellato e abbandonato alla polvere, la gestione della tribuna stampa e della lista accrediti. E poi ancora i mini-abbonamenti mai stampati, il sito Internet offline, gli infortuni perenni. Fino all’ultima settimana in cui si è arrivati ai biglietti a pagamento per i bambini e al deferimento (ennesimo negli ultimi tre anni) per ritardati pagamenti nell’immediata vigilia della partita più importante della stagione. Questo più o meno è il panorama che si scorge. L’intreccio morboso e perverso tra il Catanzaro Calcio e gli ambienti politico-imprenditoriali della città continua a mietere insuccessi. La scollatura con la tifoseria, ancora una volta disposta a riempire il “Ceravolo” ma una volta di più tradita nel suo tempio, appare oggi insanabile.
QUALE FUTURO? – L’unica soluzione in questo momento è un ricambio societario totale. Andando controvento, criticando gli errori e le carenze oggettive anche quando i risultati del campo erano favorevoli, questa testata non è mai stata disfattista. Anzi. Però non si può prescindere da tutto. I risultati tecnici sono sempre il frutto di un progetto manageriale serio. Possono essere rimandati da una deviazione della barriera o da un errore arbitrale. Ma non inficiati. Invece, qui si parla di mancata iscrizione subito dopo la beffa di Piva. La nostra storia recente ci avrebbe dovuto insegnare che non basta neanche un doppio salto di categoria in 2 anni se dietro non c’è un progetto serio. Pasquale Bove è uno straordinario tifoso, in passato protagonista di una tifoseria rispettata e temuta in tutta Italia. Gianni Improta è stato un grande calciatore, che ha scritto il suo nome nella storia di questa città grazie al gol di Reggio Emilia, in quell’indimenticabile 20 giugno 1976. Giuseppe Soluri è un grande giornalista, che ha fatto sognare un intero popolo con i suoi racconti dell’epopea giallorossa. Catanzaro vi ringrazia per quello che avete sempre fatto. Ora, però, se ancora tenete a questa squadra fatevi da parte. Tornate ad occuparvi di altro se è vero, com’è certamente vero e come avete sempre detto e dimostrato, che avete a cuore le sorti del Catanzaro. Si faccia piazza pulita e si ricominci da zero, con forze fresche e volti nuovi. Altrimenti, tra sopravvivere e morire stavolta è meglio la seconda opzione. Si chiama eutanasia di un amore. È un gesto di grande coraggio e di estrema dignità.