Il Catanzaro è vivo. O meglio sopravvissuto. Per ora è solo un paziente miracolato ma non fuori pericolo. Il bivio è sempre lo stesso: restare in coma farmacologico o cercare di guarire una volta per tutte. Il Catanzaro è scampato a stento all’ennesimo attentato ai suoi oltre 80 anni di storia. Ancora una volta in una città ogni giorno più lontana da quello che un tempo era il suo “figlio prediletto”, ma sempre pronta a riabbracciarlo nei momenti cruciali e nelle domeniche di festa, in nome di un’antica passione. Il Catanzaro era il vanto di Catanzaro. Gli ultimi vent’anni, però, hanno sgretolato, spesso a colpi di piccone, quel muro di gloria costruito in tre decenni (’60-’70-’80). E soprattutto hanno minato quel rapporto quasi speculare e identitario tra squadra e città.
IL BUCO NERO – Mentre una volta il Catanzaro era la nostra Nazionale, amata da tutti senza riserve, oggi paradossalmente c’è il rischio di mettere contro il “tifoso” e il “cittadino”. Inutile girarci intorno: il nodo è il continuo utilizzo di denaro pubblico finalizzato al finanziamento di una società di capitali, per quanto particolare come una squadra di calcio. Il Catanzaro è diventato da troppi anni un buco nero in cui i soldi entrano, contribuiscono a mandare avanti in qualche modo il giocattolo, poi spariscono lasciando debiti su debiti e buchi di bilancio. Le gestioni dissennate e fallimentari si sono susseguite, costringendo la città a subire mortificazioni in termini di immagine e voragini da ricoprire con appelli disperati alle istituzioni.
IL RUOLO DEL SINDACO – In questo scenario complesso e desolante, il sindaco è la figura di garanzia che deve ergersi ad arbitro della partita. Ancora una volta la patata bollente è rimasta nelle mani di Rosario Olivo, già scottato dalla scomparsa dell’US nel 2006 e dalla decisione sciagurata di assegnare il Lodo Petrucci nelle mani del senatore Pittelli. La scelta di Olivo di tenere in vita il Catanzaro con soldi pubblici è una scelta puramente politica di cui si è assunto la responsabilità e per la quale sarà giudicato. Ha scelto di privilegiare la squadra giallorossa, probabilmente spostando fondi da capitoli di bilancio destinati ad altre attività ricreative. Attendiamo di saperne di più per un giudizio approfondito, che resta comunque subordinato alla capacità del sindaco di portare a termine quella che, oggi, sembra una scommessa molto rischiosa. Quale? Trovare in pochi giorni una nuova proprietà per il Catanzaro che non renda vano l’ulteriore sacrificio pubblico. Solo un Catanzaro solido, forte e lontano dalle categorie semiprofessionistiche del nostro calcio potrà trasformare quello che oggi appare un amministratore imprudente in uno straordinario visionario.
POLITICI E IMPRENDITORI: CHE FIGURACCIA! – Un atto di coraggio, quello di Olivo, che si scontra con la manifesta incapacità palesata dalla classe politica della città in queste settimane. Fiumi di parole e inchiostro, tavoli e riunioni, appelli e sfilate non hanno sortito alcun effetto. La partita a scacchi, fatta di colpi bassi e tatticismi, di invidie e meschinità, ha prodotto zero risultati. A parte la solita, misera colletta d’emergenza con cui gli operatori economici catanzaresi (moschettieri e affini) hanno preferito incarnare ancora una volta la dantesca figura degli ignavi, piuttosto che quella dei salvatori. L’occasione era ghiotta per restituire alla città, attraverso la squadra di calcio, tutto quello che Catanzaro ha dato loro in termini di ricchezza, immagine, successo.
IL CHIARIMENTO AI NOSTRI LETTORI- I giornali anglosassoni lo chiamano endorsement. Potete tradurlo con “adesione” o “sostegno”. Per noi di puntonet si è trattato semplicemente di prendere posizione e schierarci nettamente. Badate bene, non a favore di questo o quello, ma di un’idea. Quella che il Catanzaro fosse finalmente affidato ad una proprietà solida in grado di garantire serenità. Non la massima serie o la Champion’s league, ma solo “serenità”. Lo confessiamo, non ne possiamo più di crisi e di appelli; vogliamo “ritornare al pallone” per raccontare vittorie, pareggi e sconfitte senza per forza dover dare un’occhiata alle quote della Snai nei momenti decisivi della stagione. Vogliamo intervistare i nostri calciatori, e non papabili “capicordata”, scrivere di moduli e non di tavoli. Vogliamo una squadra mille miglia lontana dalla politica. Per questa ragione, l’idea dei “4 moschettieri” ci è da subito sembrata la migliore possibile, seppure convinti che anche uno solo fra quei soggetti avrebbe potuto garantire molti anni di calcio in giallorosso. Quella inedita convergenza aveva entusiasmato noi e la città intera che si era mostrata persino un po’ troppo ben disposta, lasciando implicitamente intendere che qualsiasi condizione posta dai “quattro” sarebbe stata accettata. Fortunatamente, non partecipando a tavoli di alcun genere abbiamo esercitato il nostro diritto d’opinione semplicemente scrivendo. E lo abbiamo fatto al massimo delle nostre possibilità, manifestando contrarietà all’ipotesi di un ritorno di Massimo Poggi e Claudio Parente (provate a prospettare un ritorno di Ferlaino a Napoli o di Cecchi Gori a Firenze) e alla formazione di mega cordate (qui è la storia del calcio che ci aiuta) i cui membri avessero in comune soltanto il codice iban di un versamento bancario. Ora che l’ipotesi dei quattro operatori economici della città pare sfumata siamo pronti ad accogliere chiunque proponga serietà, competenza e organizzazione. Venga da Reggio Calabria, Roma o dall’Alaska. Come tutti voi cari lettori, vogliamo che ci restituiscano il Catanzaro.
Ivan Pugliese & Fabrizio Scarfone