I maestri e gli altri bambini lo facevano giocare poco e quelle poche volte che giocava lo relegavano ai margini. Nessuno gli diceva apertamente che non era bravo come gli altri, ma lui lo intuiva e giunse al punto di pensarlo veramente. Stare spesso seduto mentre gli altri bimbi correvano e saltavano era diventata una vera e propria agonia e all’approssimarsi dell’inverno, quando tutto diventa più cupo e grigio, cominciò a chiedere in giro: “Ma perché non mi fanno giocare con gli altri? Cos’ho di diverso?”. Le risposte che ricevette furono taglienti come il freddo di quell’inverno: “Come perché? Non ti rendi conto che assomigli a un uccelletto maldestro? Spesso la gente ti caccia anche per questo. Gli altri sono tutti più bravi di te. Tu zampetti invece di correre, devi imparare a volare…”
“Ma io so volare” – pensò tra sé e sé – “è che qui non riesco ad esprimermi, c’è troppo grigio, a me piacciono i colori accesi, mi piace il caldo, il sole, il giallo della terra. Devo trovare un posto dove mi lascino libero di volare come voglio io non come dicono loro. Ora glielo faccio vedere io chi sono… sono un uccelletto maldestro? Allora vado a giocare con le Aquile e lì vedremo se sono capace di volare o no!”
Migrò. Quasi come fanno gli uccelli andò verso sud e d’incanto si ritrovò in un posto pieno di giallo contornato di rosso. Com’era bello! E anche i bambini erano più accoglienti e più calorosi, lo invitarono subito a giocare con loro. Il maestro lo prese per mano e lo accompagnò in palestra dove nel presentarlo agli altri disse: “Bimbi state attenti. Vi presento un nuovo compagno, lui finirà l’anno con noi. Sapete qual è la cosa che sa fare meglio il nostro nuovo amico? Sa volare!”
Cosa dire di più bello in un nido di Aquile? Fu abbracciato da tutti e fu trascinato sui campetti di gioco per sfidare i bambini degli altri nidi. Nessuno credeva ai propri occhi… quel bambino sapeva davvero volare e aiutava gli altri bambini a gioire. Spiccava, spiccava, spiccava, spiccava finché un giorno riuscì addirittura, nonostante il terreno paludoso, ad atterrare lui stesso all’interno del sogno di ogni bambino: l’estasi!
Grati e increduli tutti i compagni, insieme al maestro, gli dedicarono spontaneamente un coro:
“Chi? Chi? Chi? Gol! Gol! Gol! Guru guru guru guru gu… Quaglià!
Chi? Chi? Chi? Gol! Gol! Gol! Guru guru guru guru gu… Quaglià!”
La tristezza svanì…
Lina
Immagine elaborata da AI
Bellaaaaaaaaaaaa :-)))
Clap, clap, clap
Molto carino, complimenti davvero!!!