Un calice di vino ci aspetta in Calabria. Un vino che parla di storia, di profondo legame col territorio e la sua storia, un vino che a berlo ci riporta indietro nel tempo.
Nel modo di alimentarsi e nel rapporto che abbiamo col cibo c’è qualcosa di sacro e di antico, una specie di unione tra le necessità di nutrizione del corpo e quelle dello spirito.
Ogni festa religiosa ha sempre avuto il suo cibo di devozione; ogni momento importante della vita familiare, il battesimo, le nozze, il lutto, hanno sempre avuto la loro naturale conclusione a tavola con un particolare cibo, quasi a suggellare una sacra ritualità dalla quale non era consentito esimersi.
Il cibo serviva ad allontanare i cattivi pensieri nelle occasioni tristi, così come a suggellare un bel momento lasciandolo impresso nella memoria, per i giorni di festa.
Certo, questa incondizionata osservanza di riti e tradizioni si è molto affievolita nel tempo, ma ha comunque lasciato tracce ben visibili nella realtà enogastronomica della regione.
La nostra regione, posta al centro del Mediterraneo, e bagnata da due mari, ha subito e assimilato influenze provenienti da oriente così come da occidente.
Vari prodotti in Calabria così come nel Sud Italia sono diretto retaggio della dominazione greca, l’uva Aglianico, che prende il nome dalla terra di origine, ma (se vogliamo) anche dal suo tipico e caratteristico sapore che ricorda vagamente la pungenza dell’aglio, e l’uva “Greco†che lascia ben pochi dubbi su quale possa essere la loro origine.
A differenza dell’Aglianico, che ha trovato il suo habitat ideale nella zona del Vulture ma non solo, il Greco si è ambientato bene in Campania nella zona di Tufo dando origine all’omonimo vino. Il Greco di Bianco, si esprime benissimo nella provincia di Reggio, da cui si ricava un vino amabile o dolce ottimo da abbinare a pasticceria secca o qualche formaggio. Un vino che purtroppo è quasi una chimera tanto è limitata la produzione.
Sul versante gastronomico, invece, di origine ellenica sono i laganoi, larghe fettuccine che si sposano divinamente con i ceci.
Non siamo certo di fronte alla cucina raffinata o sontuosa del Piemonte, e né potrebbe essere altrimenti a causa della nostra atavica povertà , ma siamo di fronte ad una tavola fatta di sapori intensi, di piatti antichissimi, di aromi violenti.
Se in una regione vi sono ricchezza e facilità di reperimento in ogni momento dell’anno di materie prime con cui sfamarsi, più le preparazioni saranno fresche (cucinate in maniera espressa ed attente al mutare delle stagioni) ed elaborate (l’abbondanza delle materie prime permette la loro combinazione).
Se una regione è povera e ha maggiori difficoltà di reperire alimenti freschi, più si tenderà a lavorare le materie prime conservandole in ogni modo possibile perché siano disponibili i periodi di magra.
Questo spiega le innumerevoli preparazioni sott’olio della nostra regione, il riuscire a conservare alimenti per mesi e mesi era il solo mezzo per sopravvivere all’inverno.
La nostra cucina è fatta prevalentemente di verdure, pasta e derivati del maiale. Questo, unitamente ai formaggi (anche qui il butirro nasce come mezzo di conservazione del burro) e i salumi danno il panorama di quello che ci ha tramandato la storia.
Uno spazio a parte vorrei ritagliarlo per il bergamotto. C’è chi lo collega alla città spagnola di Berga e chi a Pergamo, in Turchia. Probabilmente non lo sapremo mai, ma conosciamo tutti la versatilità dell’essenza del frutto per aromatizzare alimenti e come ingrediente nella preparazione dei cosmetici.
Nel campo dei profumi se ne fa uso da più di tre secoli, da quando cioè fu brevettata a Colonia “l’Acqua†che da quella città prese il nome (Kölnischwasser).
In cucina lo si usa per aromatizzare il tè (il classico tra i classici, l’Earl Grey) o i liquori, così come nei biscotti secchi.
Una notazione particolare la lascio per le “strade†della Calabria. Specie negli ultimi anni il turismo del cibo e del vino ha raggiunto importanza sempre maggiore. Un esempio valido per tutti è quello delle aziende vinicole che ultimamente fanno visitare le cantine praticamente tutti i giorni e chiedono a volte un pagamento per poterne degustare i vini. Personalmente penso sia anche giusto, dato che ci deve essere almeno una persona che si dedica allo scopo e che non può compiere altre attività in azienda.
Posso portare la mia esperienza in una delle più grandi realtà italiane in cui sembrava di trovarsi al Colosseo o in Piazza della Signoria a Firenze tanti erano i gruppi ognuno col suo proprio accompagnatore, che giravano in continuazione tra i vari locali dell’azienda.
Dall’altro lato, se gli stessi produttori riducessero i prezzi dei loro vini non sarebbe cosa sgradita, anzi…
Tornando alle “strade†del vino in Calabria, possiamo trovare, in rigoroso ordine alfabetico,
Strada del Bosco e del Vino
Strada dei Sapori Cassiodorei
Strada dei Sapori del Medio Tirreno Cosentino
Strada dei Sapori del Poro
Strada dei Sapori della Sibaritide
Strada dei Sapori Silani
Strada del Vino dei Saperi e dei Sapori
Strada del Vino e dei Sapori del Brutium
Strada del Vino e dei Sapori Lamezia
Strada del Vino e dei Sapori della Locride
Strada del Vino e dei Sapori del Pollino-Castrovillari .
Ce n’è più che a sufficienza per godersi una rilassante passeggiata che ci aiuti a riscoprire tante meraviglie della nostra amata terra troppo spesso tristemente dimenticate.
Nicolò Ditta
PS
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