I margini d’azione ci sono, eccome. A Potenza e Catanzaro, dove il 60% degli affitti è in nero, il sindaco ha in mano la leva per raddoppiare il gettito dei nuovi tributi comunali. A Roma e Milano, dove pure il tasso di irregolarità non arriva al 50%, il fisco locale potrebbe arricchirsi di circa 400 milioni di euro. A patto, naturalmente, di dare la caccia agli evasori, e tassare gli affitti sommersi con la cedolare secca al 20 per cento.
Racchiuso in queste cifre c’è uno dei pilastri del federalismo fiscale. Che pone le amministrazioni locali in prima linea nel contrasto all’evasione immobiliare, creando un incentivo diretto a stanare i furbetti del mattone.
L’analisi dei capoluoghi delle regioni a statuto ordinario – realizzata dal Sole 24 Ore e rappresentata nel grafico a destra – riporta per ogni città la percentuale di affitti in nero e la stima del vantaggio legato alla loro regolarizzazione.
Tutto dipende, naturalmente, dalla situazione iniziale. Ad esempio, a Potenza, con l’adozione del nuovo fisco locale il comune incasserà 890mila euro dal l’imposta municipale propria (Imp) sulle compravendite, 630mila dall’Imp sul possesso di seconde case e 1,2 milioni dalla cedolare secca sugli affitti già dichiarati. Il totale è 2,7 milioni, e potrebbe aumentare di 2,4 milioni (l’88%) con con l’emersione di tutti gli affitti in nero.
Dove le irregolarità sono meno diffuse, invece, il margine si assottiglia. A Bologna, caso-limite tra i capoluoghi di regione, l’emersione varrebbe meno dell’1% del gettito. Ma, naturalmente, bisogna ragionare anche in termini di valore assoluto: l’applicazione estensiva della cedolare a Milano e Napoli frutterebbe un centinaio di milioni di euro, pari al 32 e al 64% del gettito di partenza. Mentre a Roma si avrebbe la cifra più elevata: 272 milioni, il 45% degli introiti base. Una piccola miniera di risorse, che le amministrazioni locali potranno coltivare anche grazie all’aiuto degli inquilini, perché il meccanismo introdotto nella bozza di decreto sul federalismo crea un fortissimo contrasto d’interessi tra proprietari e affittuari.
Fin qui le cifre. L’applicazione concreta, però, sarà inevitabilmente complicata. Finché il federalismo fiscale non sarà operativo, l’Irpef recuperata con l’emersione degli affitti confluirà nel Fondo sperimentale di riequilibrio, e da lì sarà distribuita ai comuni. Per convincere i sindaci meno previdenti ad attivarsi fin da subito, la disciplina del Fondo – che sarà contenuta in un decreto ministeriale previo accordo in Conferenza Stato-Città – potrebbe allora prevedere una qualche forma di premialità per le città più efficaci nella lotta agli evasori.
Altro punto delicato è quello legato alla prima applicazione della cedolare. Nelle città in cui quasi tutte le locazioni sono registrate, la tassazione degli affitti al 20% comporta un minor gettito rispetto a quello che oggi si ricava con la tassazione ad aliquota marginale, e non c’è modo di arrivare in pari con l’emersione del sommerso (si veda l’inchiesta sul Sole 24 Ore del 19 luglio). Nell’immediato, il problema non si porrà, perché l’Irpef andrà al Fondo. Ma quando le risorse si fermeranno sul territorio, bisognerà sciogliere il nodo, decidendo fino a che punto il Fondo farà da cassa di compensazione. E fino a che punto gli enti locali saranno chiamati a cavarsela da soli alzando le tasse o tagliando i servizi.
Ingenerale, le città del Sud possono puntare sull’emersione degli affitti in nero, mentre quelle del Nord – dove ci sono meno locazioni irregolari – possono contare su un mercato immobiliare più vivace, e quindi su un’Imp più ricca. Ma i conti andranno fatti, inevitabilmente, caso per caso.
Fissata la cedolare al 20%, la leva decisiva per tenere il sistema in equilibrio – tanto a livello nazionale, quanto a livello locale – sarà l’aliquota dell’Imp sul possesso di immobili. Per intendersi, tutto dipenderà da quanto pagheranno i proprietari delle seconde case, vuote o affittate che siano (in questo secondo caso, con un’aliquota dimezzata). Nel decreto sul federalismo fiscale, questo dato non c’è ancora, e sarà definito solo in autunno. Nelle stime riportate qui a destra, si è ipotizzata un’aliquota al 7 mille (3,5 per mille sulle case locate), ma la questione resta aperta: a Bologna e Torino, per eguagliare il gettito precedente all’adozione della cedolare, l’aliquota dovrebbe essere almeno il 2,5%, a Milano addirittura il 3,5 per cento. Percentuali troppo elevate per essere praticabili, che imporranno l’ideazione di opportuni meccanismi correttivi.
Il Sole 24 Ore
Cristiano Dell’Oste
Saverio Fossati