Gelati, gelati, gelati tre volte dal Gela, in pratica possiamo dire “Chi cadda”.
Eravamo in cento a seguire il Catanzaro a Gela per la partita che doveva essere quella decisiva per la conquista del secondo posto.
Senza tanti ragionamenti contorti a mente fredda, bisogna analizzare questa sfida partendo da due aspetti, uno prettamente tecnico e mentale, mi riferisco al modulo utilizzato (4-3-2-1 come ad Avezzano) che pur essendo un modulo offensivo, non è stato idoneo alle caratteristiche di questo Catanzaro, senza ariete giacché Falomi (subentrato nella ripresa) si è dimostrato al momento solo un “numero” e per giunta, con questo modulo schierato oggi, con un Catanzaro non al top della forma (vedi due sconfitte consecutive) che giocava contro un Gela imbottito di centrocampisti bravi e con due vere ali è stato un chiaro harakiri.
La conferma che il modulo era sbagliato è avvenuta con i due cambi nel primo tempo, sostituzioni effettuate per sistemare una squadra impostata male, ma soprattutto per fermare le giocate gelesi che c’erano superiori in ogni parte del campo.
Per aspetto mentale intendo invece l’approccio alla partita, una sfida quasi decisiva non può essere affrontata con le gambe molle com’è avvenuto oggi nella fase iniziale del primo tempo, quando il Gela ci ha trafitti con Franciel (anche questo a gennaio era disponibile come De Angelis…ma a pila…) e a inizio ripresa quando Gaeta prima e lo sciocco fallo di Ciano già ammonito ci hanno riversato il colpo del Ko.
Il secondo aspetto da segnalare invece è il solito refrain che purtroppo accompagna i tifosi giallorossi da ormai tanti lunghi anni, dalle Società di Soluri (ancora tu) per finire alla Società di Pasquale Bove.
Senza volere ormai più infierire e senza andare troppo indietro ci basta meditare e pensare a ciò che è successo in questa settimana, che è stata una logica conseguenza di quello che da qualche tempo era già stato annunciato; ricordate le dichiarazioni di Provenza sugli aspetti della gestione?
Provenza ha sempre dichiarato che il lavoro paga. Per buona parte del campionato ha avuto ragione, ma adesso sembra, che questo motto abbia delle pecche, il lavoro forse sta mancando, da Aversa in poi, escludendo la notturna con l’Andria, il Catanzaro non ha più indovinato una partita e le ultime quattro sconfitte, di cui tre consecutive, sentenziano chiaramente che gli atleti giallorossi non vivono giornate tranquille e tenuto conto che quello che si vede in campo e la conseguenza del lavoro settimanale, la domanda d’obbligo è: ma la squadra come può allenarsi tranquillamente durante le settimane se deve convivere con i problemi economici e con gli impegni non mantenuti dalla società?
Attenzione cari tifosi a non commettere i soliti errori. Evitiamo di colpevolizzare solo una parte della squadra, intesa come calciatori. E’ vero che dagli atleti si deve PRETENDERE il massimo impegno sempre e comunque (SE NON SI è IN GRADO LO DICA E SI FACCIA DA PARTE). Non bisogna dimenticare che anche la società e i suoi dirigenti, che avevano garantito una gestione semi perfetta, fatta di sacrifici e abnegazione, sono colpevoli di tante mancanze. Gli ultimi eventi scoppiati nella settimana (grana stipendi) non sono che una conseguenza di una conduzione fatta con una superficialità che rasenta il ridicolo, chissà se martedì il Presidente Bove e il suo compagno Dg saranno presenti alla ripresa, se si faranno sentire con la squadra, ma la domanda è: hanno i requisiti per “incazzarsi” con la squadra?
Loro, sono apposto con la coscienza? Mantengono gli impegni?
Detto questo invito, quindi tutti a non individuare le mosche bianche e le mosche nere, ma a essere compatti nel contestare o applaudire a secondo dei casi O TUTTI O NESSUNO, intesi dal primo calciatore all’ultimo dirigente.
Sforziamoci ora di fare un’analisi tecnica della partita vista oggi.
Come detto i primi quindici minuti sono stati una vera mattanza per il Catanzaro, il goal è stato preso subito grazie a un fuorigioco sbagliato (Ciano non è salito) e per Franciel è stato un gioco da ragazzi battere Mancinelli.
Loro sulle ali con Gaeta da una parte e Unniemi dall’altra c’infilavano come e quando volevano, Alessandrì nel mezzo invece tagliava la nostra difesa come un burro e Schiavon orchestrava bene nel mezzo.
Il secondo goal era rappresentativo delle difficoltà che il Catanzaro palesava con il centrocampo a tre, dove Benincasa e Zaminga dovevano contrastare nel mezzo e sulle fasce e dove Tomi e Ciano andavano spesso in difficoltà nell’uno contro uno con gli avversari che avevano di rimpetto.
Come dicevamo la seconda rete dimostrava tutte le difficoltà dei giallorossi, crossava Unniemi dalla sinistra e raccoglieva Gaeta sulla destra, il suo contro cross trovava pronto sempre l’esterno sinistro Unnimei che al volo a trafiggeva per la seconda volta imparabilmente Mancinelli.
A questo punto Provenza eseguiva due cambi e a mio avviso sbagliava a non togliere Ciano già ammonito e visibilmente in difficoltà per i due errori commessi (primo goal fuorigioco sbagliato e nel secondo lasciava libero il suo marcatore) infatti a inizio ripresa si beccava il secondo cartellino giallo e rimanevamo in dieci.
Nella prima parte il Catanzaro aveva due occasioni con Berardi e di testa, la prima scheggiava la parte alta della traversa, sulla seconda bravo era Cecere a volare sulla sua sinistra.
Nella ripresa come dettovi il Catanzaro, rimaneva soprattutto nei primi minuti con la testa negli spogliatoi del Vincenzo Presti e gli uomini di Cosco sfioravano la terza rete quando ancora il cronometro doveva
compiere il primo giro d’orologio.
Dopo l’espulsione di Ciano la terza rete era un gioco da ragazzi per Gaeta servito da un cross di Iannini, per la cronaca i nostri nell’intero incontro non riuscivano a effettuare un solo cross degno di questo nome.
Il goal di bandiera di Caputo a cinque minuti dal termine era molto bello per preparazione (appoggio di petto Falomi) e conclusione al volo di Caputo nel sette.
Gli ultimi dieci minuti dell’incontro devono far riflettere su questo Catanzaro e bisogna porsi una domanda.
Per ottanta minuti abbiamo solo buttato la palla avanti, per dieci abbiamo giocato con il pallone a terra e il Gela ci ha capito poco, ma ho una certezza, il lavoro paga, però “il quando i tengo ti dongo” non paga.
SF