Assunzioni e incarichi per i figli – Lory e Andrea – del senatore Antonio Gentile, minacce, invece a chi aveva osato opporsi. Così funzionava il sistema Fincalabra sotto la guida del presidente Umberto De Rose. A ricostruirlo è stato il sostituto procuratore Carlo Villani che questa mattina ha fatto notificare un avviso di conclusione delle indagini a carico di otto persone. Oltre a De Rose, accusato anche di minacce, devono rispondere del reato di abuso d’ufficio i membri del cda di Fincalabra e i membri della commissione esaminatrice: Sergio Campone 63 anni, Giuseppe Frisini 44 anni, Vincenzo Ruberto 48 anni, Antonio Idone 63 anni, Leonardo Molinari 43 anni, Giuseppe Lelio Petronio 77 anni e Flavio Talarico 49 anni.
A far scattare le indagini, condotte dalla guardia di finanza, era stato un esposto del presidente della commissione di Vigilanza Aurelio Chizzoniti.
Raccolta la testimonianza di Chizzoniti i militari erano andati stati anche negli uffici di Fincalabra per acquisire la documentazione relativa ai bandi di concorso da cui sono derivate le assunzioni e che lo stesso presidente della commissione di vigilanza aveva più volte chiesto senza ottenerne l’invio.
LE ASSUNZIONI L’attenzione degli inquirenti dopo mesi di indagine si è concentrata su tre contratti, tra cui quello di Lory Gentile, figlia del senatore cosentino di Ncd, che avrebbe ricevuto da Fincalabra poco meno di 50mila euro (49.416,66 euro).
Con l’ipotesi di abuso d’ufficio sono indagati il presidente dell’ente in house De Rose, e i tre membri della commissione esaminatrice Campone, Frisini e Ruberto che dovevano esaminare e valutare le figure professionali da impiegare per i servizi di assistenza personalizzata di orientamento, tutoraggio e formazione riguardante il fondo di garanzia regionale per le operazioni di microcredito. Gli indagati dapprima avrebbero modificato i termini del bando, «stralciando dai requisiti richiesti di partecipazione alla selezione quello della necessaria e pregressa esperienza di 3 o 5 anni».
Ma non solo, dopo aver applicato come criterio di selezione una procedura informatizzata su una short list di candidati, avrebbero alla fine scelto «Lory Gentile, Paola Ambrosio e Giuseppe Genise (che non risultano indagati, ndr) privi di alcuna esperienza professionale e i cui curricula non erano presenti nell’elenco generale della short list».
Una corsia preferenziale per i tre, tanto che per loro non venne neanche svolto il colloquio «invece effettuato con tutti gli altri aspiranti e assunti». Il tutto in spregio non solo delle norme sui rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni ma anche del regolamento di Fincalabra approvato il 30 agosto 2011.
LA MINACCIA Prima di Chizzoniti ad accorgersi che qualcosa non quadrava nelle assunzioni era stata una dirigente del dipartimento Lavoro della Regione. Il 12 marzo 2013 durante una riunione proprio sul progetto del microcredito la funzionaria avrebbe fatto notare che «diverse unità di personale reclutate non rispondevano alle esigenze fissate in sede di convenzione tra Regione e Fincalabra». Non era solo una questione di legalità, proprio queste «difformità» avevano comportato che il dipartimento regionale avesse ammesso il finanziamento soltanto per un milione di euro a fronte dei 2,5 previsti inizialmente. Davanti ai rilievi, «De Rose – ricostruisce la Procura – aggrediva e intimidiva la dirigente minacciandola, qualora avesse continuato a manifestare il proprio dissenso sull’operato aziendale, di farla rimuovere dall’incarico».
L’INCARICO AD ANDREA GENTILE Ma Fincalabra aveva aperto le porte anche all’altro figlio del senatore. Una consulenza di poco meno di 38mila euro era stata affidata ad Andrea Gentile (che non risulta indagato), causa scatenante del cosiddetto “Oragate”. Fu proprio per censurare la notizia (già pubblicata dal Corriere della Calabria) sull’iscrizione nel registro degli indagati del giovane avvocato per le consulenze all’Asp che De Rose chiamò l’ex editore dell’Ora della Calabria Alfredo Citrigno. Ad Andrea Gentile comunque, a partire dal 2011 e fino al marzo 2013, il cda di Fincalabra si è rivolto per la redazione del modello organizzativo ex decreto legislativo 231 del 2001 e per l’attività di consulenza per l’aggiornamento alle novità legislative per i tre anni successivi alla consegna del modello stesso. Per la Procura, però, la consulenza sarebbe stata affidata «in assenza di alcun avviso pubblico e in assenza di alcun metodo di valutazione comparativo tra le offerte presentate e quindi in violazione dei principi di pubblicità, trasparenza e imparzialità».
Gli indagati adesso avranno venti giorni di tempo per chiedere al pm di essere sentiti o presentare memoria difensiva. Solo dopo il sostituto procuratore potrà decidere se avanzare o meno la richiesta di rinvio a giudizio.
corrieredellacalabria