Vogliamo aprire la giornata vissuta oggi ricordando ciò che dichiarò il presidente Ferrara dopo l’esordio in Coppa Italia, quando il Catanzaro Calcio (se ancora così possiamo chiamarlo) rientrò dalla trasferta di Sorrento con sei goal nel sacco.
Testualmente dichiarò: “Le vergogne cui i tifosi giallorossi hanno dovuto assistere non sono certo quelle di Sorrento – tra una squadra di 1^ divisione allenatissima e giovani di belle speranze sottratti alle spiagge e al mare (che peraltro non hanno affatto sfigurato) – ma molto di più quelle recenti di Roma con la Cisco (l’abbiamo già dimenticata ?) fra due squadre di pari livello, e andando indietro nel tempo le disfatte casalinghe con il Pescina, l’Acireale e tante altre”.
Nulla da eccepire se non avessimo avuto il coraggio in queste tre prime settimane di respirare l’area del “Nicola Ceravolo” durante gli allenamenti o quella, pesantissima, della domenica, quando una squadra e una società che si chiama ancora Fc Catanzaro offende e deride una comunità di tifosi che sulle fortune e sfortune del Catanzaro aveva costruito una passione tramandata nel tempo.
Sì, proprio nel tempo. Lo diciamo ad alta voce, perché il Signor Maurizio Ferrara è figlio d’arte, di un uomo che dal 1950 al 1958 è stato Presidente del Catanzaro che dopo una decina d’anni dalla sua presidenza diventava la più bella storia e l’icona indiscussa del calcio calabrese.
Il nostro dubbio a questo punto è naturale: Ferrara possiede ricordi del Catanzaro? Perché se per un attimo ha dei flash, non può continuare a fare finta di niente. Questo Catanzaro non ha nulla a che fare con il nostro Catanzaro, con quello che suo padre consegnò a Nicola Ceravolo per il grande salto.
Che senso ha continuare così? Neanche una persona con etti di salame e prosciutti sugli occhi può evitare di chiedersi perché questo presidente, questo Cda e questi soci (Aiello, Catalano, Bove, Soluri, Santaguida, Ruga e Tribuna Gianna) stiano ancora al loro posto e non compiano il gesto che da troppo tempo pare indispensabile: farsi da parte, affinché quel “iendu videndu” attuale si trasformi in un “iendu videndu” futuro che abbia almeno il vanto di aver cancellato una compagine societaria che peggio di così non può fare.
Descrivere la domenica giallorossa è deprimente, fuori dallo stadio non c’è un’anima, pochi tifosi, qualche parente che si accinge a entrare nel tempio profanato e qualche tifoso fuori a masticare amaro. Arriva anche a partita iniziata qualcuno dei calciatori in prova.
Gli Ultras, che nella mattinata insieme a qualche altro tifoso avevano fatto visita al Cav.Pino Albano per cercare d’invogliarlo a un suo intervento (ma sembra che la visita non abbia portato i risultati sperati) hanno ricordato con due striscioni la tragedia di “Le Giare” e l’amico Vinicio Caliò.
Chi è rimasto fuori (una trentina di persone) non riesce a capacitarsi di come sia stato possibile ridurci in questa situazione, sembra di vivere un incubo.
La partita comincia e siamo subito in svantaggio, le notizie arrivano tramite telefonino grazie a qualche amico che è dentro. Notizie negative logicamente e non c’è da meravigliarsi. Da fuori ogni tanto si sente qualche voce, nessun tifo, come se dentro si stesse giocando una partita di tennis.
Ci sono anche le forze dell’ordine, sono in tanti e non capiamo quale ordine debbano mantenere. Fra il primo e il secondo tempo qualche addetto ai lavori in tribuna stampa esce per consumare un caffè e portarne un altro caldo dentro l’impianto.
Nella ripresa troviamo il coraggio di salire su una terrazza vuota per assistere a uno scampolo di partita. E’ stato peggio, credeteci.
Vedere quelle magliette giallorosse a strisce verticali, quelle che nel 1971 a Napoli contro il Bari fecero piangere di gioia migliaia di persone è stato umiliante. Stadio vuoto dicevamo e undici tifosi del Melfi (uno per calciatore) sistemati nel settore “distinti” che incitano la loro squadra.
Undici calciatori messi in campo alla meno peggio, alla mercé degli avversari, con qualcuno come Corapi, Benincasa e Ciano (i più esperti) che cercano di fare qualcosa in una mediocrità assoluta.
Infierire sul lato tecnico è inutile, l’impressione è che gli avversari non credano ai loro occhi: increduli riescono a vincere senza dimostrare chissà cosa.
Lo avevamo detto in settimana, Catanzaro oggi è un porto di mare, basta avere uno zaino, le scarpette di calcio e puoi provare l’ebbrezza del verde del “Ceravolo”. Se poi hai un padre che ha qualche buona amicizia politica o qualche migliaio d’euro da buttare, è fatta, puoi indossare la casacca che fu di Massimo Palanca, di Tato Sabadini, Adriano Banelli, Giuliano Groppi ecc ecc.
Calano le prime ombre della sera in Via Francesco Paglia, i tifosi rimasti fuori si confrontano con quelli entrati e le discussioni portano sempre alla stessa domanda “ma comu ni pottimu renducira”. Facciamo qualcosa, così non si può continuare, questo è il ritornello.
Qualcuno entrato dentro ha anche contestato qualche dirigente in tribuna e riferendosi alle famose collette ha detto testualmente “ ca mo manca sulu u Viscuvu ma ci cercati sordi”.
Esce il pullman del Melfi e i calciatori ci guardano quasi con compassione, dalla loro espressione si capisce che anche loro hanno pensato “ma comu vi renducistuvu”.
Passa uno sconsolato Ze Maria che si ferma ma non ci sono parole, passa una Jaguar con a bordo gli ipotetici “uomini sponsor” che i soci aspettano come una manna dal cielo con chissà quale arguta strategia e programmazione.
Adesso inizierà un’altra settimana, ma nel frattempo, dei tre gironi della Seconda Divisione siamo l’unica squadra dopo tre partite ad avere ZERO punti. Presidente Ferrara & company, dobbiamo aggiungere altro? FERMATEVI, per favore.
SF
Apprendiamo che in settimana la tifoseria organizzata che si riunisce sotto la sigla “Blocco 1929” lancerà una petizione pubblica con raccolta di firme.
Orientativamente si chiederà ai soci: la certificazione del debito e dei contratti in essere (fornitori, dipendenti, calciatori, collaboratori ecc ecc); la consegna delle azioni al Sindaco con procura a vendere al costo di un euro, depositando le quote in possesso dei soci presso uno studio notarile e infine al primo cittadino sarà chiesto di chiudere l’accesso a questa società del “Nicola Ceravolo”.
(Red)