Alla Procura della Repubblica di Catanzaro si è verificato un accesso abusivo al fascicolo dell’inchiesta relativa alla nomina della dirigente del Dipartimento controlli della Regione Calabria, Alessandra Sarlo. Sull’episodio, denunciato da un funzionario che si è reso conto dell’intrusione accedendo al proprio computer, è stata avviata un’indagine, mirata a identificare chi possa aver aperto i file relativi al fascicolo mentre esso era in fase di scansione prima dell’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini. L’inchiesta sulla nomina della Sarlo si è conclusa con una richiesta di rinvio a giudizio, avanzata all’inizio di febbraio dai sostituti procuratori della Repubblica, Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio, nei confronti del presidente della giunta regionale della Calabria, Giuseppe Scopelliti, del vice presidente, Antonella Stasi, e dell’assessore al personale, Domenico Tallini,indagati per abuso d’ufficio.
I pm hanno inoltre chiesto che le dichiarazioni di Scopelliti e Tallini vengano acquisite anticipatamente come prova con incidente probatorio, fissato per il prossimo 29 aprile. Relativamente alla stessa indagine i pubblici ministeri avevano in precedenza chiesto e ottenuto l’archiviazione delle posizioni di sette assessori regionali e di una dirigente regionale. Gli investigatori ritengono che sia stata irregolare la nomina della Sarlo, che giunse nell’agosto 2011 dopo che era “andato a vuoto” un avviso interno per l’individuazione di un candidato che avesse i requisiti per l’incarico nella nuova struttura Controlli. Alessandra Sarlo, che nel 2010 è stata per un breve periodo commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia – nomina per la quale è stata coinvolta in un’inchiesta conclusasi con una richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura di Catanzaro a metà marzo -, è la moglie del giudice Vincenzo Giglio, arrestato nell’ambito dell’inchiesta denominata “Infinito” e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano su presunti rapporti con la cosca Lampada operante nel capoluogo lombardo, e già condannato in primo grado a 4 anni e 7 mesi di reclusione.