Quando la maggior parte dei tifosi del Catanzaro erano adolescenti o ventenni mai potevano immaginare che gli anni duemila ci avrebbero riservato ciò che stiamo ormai toccando con mano, il fondo del fondo.
Noi non vogliamo essere ripetitivi e noiosi nell’elencare tutte le storture che hanno ridotto quello che è stato l’ orgoglio di un’intera regione per anni perché ormai tutti ne sono a conoscenza, nè ci interessa conoscere il punto di vista degli attuali “dirigenti” o dei vecchi.
Nessuna giustificazione può esserci per chi ha dilapidato nel corso di questi anni un patrimonio storico creato con tanto amore da “Nicola Ceravolo” e ucciso da avventurieri senza scrupoli che hanno giocato con la passione dei tanti tifosi sparsi nel paese.
Anche il Catanzaro delle stagioni di C2, quello degli Andolina, dei Paggio, dei Iaria, tanto per citare qualcuno, regalava emozioni; questo invece non riesce proprio a suscitare nessun sussulto dal punto di vista prettamente sportivo. Eppure in città e sulla piazza virtuale del web, tantissimi tifosi, ma anche semplici simpatizzanti o residenti s’interrogano su come sia stato possibile ridurci in questo stato. Ognuno ha le sue risposte ma tanti ormai hanno capito che la pochezza manifestata nel tempo contribuisce allo sfascio a cui stiamo assistendo. All’inizio di questa stagione calcistica e dopo le inutili tavolate tanti hanno avuto la consapevolezza che il sogno di poter rivedere il nostro Catanzaro era una chimera.
Noi scrivevamo che in città il classico “novità de giallorossi” era stato sostituito con un più attuale slogan “comu ni pottimu renducira”.
Sono passati quattro mesi da quel periodo eppure il “comu ni pottimu renducira” ha ormai preso il sopravvento su tutto il resto.
C’è rassegnazione e gli appelli degli amministratori unici che stanno giocando con il Catanzaro, così come quelli dei politici o delle associazioni o della stessa tifoseria organizzata e non, non sortiscono nessun effetto, tanti rimangono indifferenti perché è ormai chiaro a tutti che la ricostruzione, qualcosa di nuovo, non può partire se tutte le macerie non sono rimosse: bisogna cancellare il passato per costruire un futuro.
In rarissimi casi è capitato che i tifosi chiedessero a gran voce che la propria squadra del cuore fosse cancellata dal panorama calcistico; a Catanzaro la gente lo chiede perché ormai non ne può più.
C’è tanta amarezza in questi giorni di festa, sono ritornati gli emigranti quelli che si organizzavano le proprie ferie natalizie in funzione di una partita dei giallorossi, addirittura anche di un allenamento per il gusto di respirare il profumo del “Nicola Ceravolo”.
La incontri per strada questa gente, allo stesso modo in cui incontri i residenti di sempre, nessuno ha più la forza di chiederti che cosa sta accadendo perché tanta è la rabbia e la delusione, non si riesce nemmeno a parlare del futuro, tanti appelli (per ultimo quello di Massimo Palanca) cadono nel vuoto.
E’ anche stucchevole, ma ne prendiamo atto, che chi all’inizio denigrava chi aveva previsto tutto, probabilmente per non fare dispetti o essere inviso da qualche “onorato” dirigente, adesso ammette che l’unica soluzione è resettare tutto.
Chissà se tutti avessero remato nella stessa direzione cosa sarebbe accaduto… con il senno del poi possiamo sbilanciarci e dire che almeno questo scempio non l’avremmo visto.
La cosa più assurda è che la cancellazione della società attraverso la consegna dei libri in tribunale potrebbe far ripartire il calcio a Catanzaro da dove iniziò la fine.
Quest’opportunità che in altre piazze ha significato il rilancio per noi potrebbe essere invece una pietra tombale sullo sport più seguito nel mondo perché non c’è unità d’intenti, fra tifosi e fra politici soprattutto, tutti dicono il contrario dell’altro, vuoi per diversità di vedute vuoi per quei maledetti interessi che pseudo società producono in contesti scadenti come quelli cui abbiamo assistito in questi anni.
Senza alcuna vergogna e imperterriti, chi con tante leggerezze ha contribuito a questa situazione continua nella sua opera, c’è chi sogna ancora contributi straordinari, chi invece pensa a soluzioni tampone, chi crede di ripartire con attori già provati e chi invece aspetta il messia, chi rimane indifferente a tutto quello che sta accadendo aspettando l’occasione giusta (elezioni) per fiatare.
L’amara verità è che nessuno ha il coraggio di ammettere che se si chiede il fallimento, o si pretende un qualcosa degno di un capoluogo di regione e della storia del Catanzaro Calcio oppure è meglio chiudere e dedicarsi ad altro.
E’ vero che non tutti la pensano così ma è altresì vero che se ci si renderà conto che l’insensibilità di chi dovrebbe pensare a tutelare e rilanciare un bene comune (politica e classe imprenditoriale che per tante altre cose camminano a braccetto) continua, non dovremmo che arrenderci e dire ciò che pensiamo ma che non vogliamo ammettere: “simu na città e…” i puntini sospensivi compilateli voi per come volete.
SF