Il consigliere regionale Claudio Parente qualche mese fa era stato perentorio: “L’Us Catanzaro il prossimo anno ripartirà da dove lo abbiamo lasciato“. E per ora, l’appuntamento con la gloriosa società giallorossa è esattamente lì: in tribunale. Il pubblico ministero nelle ultime ore ha infatti notificato la chiusura delle indagini alle parti interessate e cioè a tutti coloro che a vario titolo sono intervenuti nella gestione degli ultimi quattro anni di vita (2002-2006) della storica società sportiva catanzarese.
Ora starà proprio agli indagati (Claudio Parente, Domenico Cavallaro, Massimo Poggi, Gerardo Carvelli, Giuseppe Ierace e Bernardo Colao) chiarire la propria posizione attraverso la produzione di cosiddette memorie e dichiarazioni spontanee.
L’avvocato di Bernardo Colao, Salvatore Staiano, si è già affrettato a dichiararsi estremamente tranquillo, e ciò perchè, “da una sommaria lettura delle carte“, il periodo in cui il suo assistito assunse la carica di amministratore risulterebbe non essere interessato dai fatti che stanno alla base delle ipotesi di reato avanzate dal Pm (parliamo di bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, innanzitutto).
Ma tranquillo si dice anche Armando Veneto, il difensore dell’ex presidente Parente. In una velina distribuita e prontamente copia/incollata da molti organi d’informazione calabresi – neanche fosse un’ Ansa sulla fine del mondo- l’avvocato afferma che ora il consigliere della LSP potrà finalmente dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati, oltre che definire una volta per tutte le “pressioni criminali” di cui più volte si è detto vittima. Lo stesso Parente, più tardi, ha ribadito il concetto facendo riferimento ai soliti “tentativi di estorsione” che -come tutti i fatti di questa vicenda- andranno necessariamente verificati.
Vedremo.
La Guardia di finanza intanto ha comunicato (secondo quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari) di aver provveduto al sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 6 milioni di euro. Si tratta di beni immobili, mobili registrati e quote azionarie di proprietà di tutti gli indagati. La polizia tributaria avrebbe riscontrato in particolare un’indebita percezione di contributi pubblici e della Lega calcio.
Una vera e propria truffa insomma, che secondo l’accusa era articolata molto semplicemente in tre momenti: presentazione di un bilancio florido (ma del tutto fasullo), acquisizione dei contributi pervenuti in ragione del bilancio presentato e indebita spartizione della torta fra i singoli soci. Peraltro viene in questa stessa fase ricostruito lo stato di salute dell’Uesse. I problemi finanziari avrebbero avuto inizio nell’agosto del 2003 per poi diventare drammatici nelle due stagioni successive di serie B (2004/2005-2005/2006). Una serie di azioni ed omissioni che avrebbero condotto nel giro di pochi mesi al fallimento di una società patrimonio dell’intera collettività cittadina.
Fin qui la cronaca.
Da cittadini e tifosi però, segnaliamo in questa giornata un moto di soddisfazione parziale e del tutto indipendente -s’intenda bene- dalle vicende penali dei singoli indagati. La macchina della giustizia è in moto. E al di là di come si concluderà la vicenda processuale, è in qualche modo rassicurante credere che nessuno possa permettersi di fallire senza incorrere in specifiche conseguenze.
E ciò che vale per la storica, gloriosa e mai dimenticata US, varrà certamente anche per il giovane, disastrato e inguardabile FC.
FabScar