Dopo i nostri legittimi rilievi sulla dismissione di immobili comunali con la formula del lease back, l’ Assessore al ramo del Comune di Catanzaro ha dichiarato, fra l’altro, che
“tali investimenti sono finalizzati, infatti, all’acquisto o alla costruzioni di immobili che ci consentano di trasferire i nostri uffici, in molti casi sistemati in edifici detenuti in locazione, con un conseguente risparmio di spesa corrente per fitti passivi e, quindi, a tutto vantaggio delle casse dell’ente”. La spiegazione fornita non convince per un semplice motivo: che senso ha privarsi della proprieta’ di un immobile, su cui dovra’ pagarsi un canone di locazione, per acquistarne altri (quali?) oppure costruirli con contestuale esborso delle somme incassate ? In altri termini, a seguire le specificazioni dell’Assessore, mi evito il fitto su alcuni locali per crearmene dei nuovi sui beni dismessi! Non e’ piu’ ragionevole, non a caso citavamo la “diligenza del buon padre di famiglia”, tenersi la proprieta’ degli immobili e vendere cio’ che non si usa? Oppure perche’ non traferire negli immobili in dismissione proprio quegli uffici per cui il Comune paga dei canoni di locazione ai soliti privati? Ma vi e’ di piu’.
La giurisprudenza ha ritenuto che il contratto Lease Back debba ritenersi valido solo qualora sia accertata la sussistenza di determinati requisiti fondamentali. In particolare appare necessario svolgere qualche breve riflessione in merito al contratto ben noto nella prassi degli affari, ma un po’ meno al comune cittadino, di Lease Back. Le regole operative che si possono mettere a fuoco ci dicono che nel caso di bene gia’considerevolmente ammortizzato il lease beack risulta poco conveniente. Ora gli immobili comunali in questione sono gia’ ammortizzati e non rappresentano un costo per l’Amministrazione non ravvisando, nemmeno, una situazione di utile fiscale. Il contratto in questione contiene molte insidie e gli amministratori devono considerare che non sempre la moda propone abiti adatti a tutti! Questi “prodotti finanziari” vanno maneggiati con cura ed attenzione in quanto nascondono innumerevoli insidie e chi ci guadagna, lo ribadiamo, e’ chi acquista per poi concedere in locazione. Il neo proprietario lucra, cosi’, sino all’ 8% sul capitale investito essendo anche maggiormente garantito dalla proprieta’ del bene. Chiediamo, quindi, che l’Amministrazione comunale di Catanzaro renda pubblici ed accessibili tutti gli atti di stipula e delle clausole contrattuali che si adotteranno nell’operazione finanziaria attuando, cosi’, il c.d.”Palazzo di vetro della P.A.” da noi sostenuto nel nostro programma della recente campagna elettorale.
L’errore sui prodotti derivati, registrato in questi ultimi anni, delle Amministrazioni comunali non ha, evidentemente, insegnato nulla ai nostri amministratori che si lasciano ancora affascinare da contratti finanziari che convengono, ovviamente, solo a coloro che li propongono. Teniamoci stretti i nostri immobili comunali di pregio ed usiamone qualcuno, magari, per allocare non solo la Scuola di Magistratura ma anche, direi soprattutto, l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro che a tutt’oggi vive una situazione di sede precaria e non idonea al prestigio che l’Accademia rappresenta per la citta’ di Catanzaro. Meno “finanza creativa” e piu’ “buon padre di famiglia” nella gestione della cosa pubblica. Ci guadagneranno sicuramente, a nostro avviso, i cittadini di Catanzaro.